CAMPANIA: VIAGGIO TRA LE ECCELLENZE ENOGASTRONOMICHE DELLA REGIONE... UNA SCOPERTA E UN'EPIFANIA
di STEFANO ZAGHINI - 24 settembre 2016
LO SPIRITO DEL VIAGGIO
Quanto è importante il ruolo dell’alta ristorazione in Campania? Quanto vale la cassa di risonanza che permette di diffondere il suo vino di qualità, in particolare il Fiano?
La risposta è: tanto, fondamentale, direi.
Estate 2004, costiera amalfitana, che epifania!
E nello stesso viaggio da Gennaro Esposito, alla Torre del Saracino di Marina d'Aequa di Vico Equense (Na), ho fatto la conoscenza dell’azienda Pietracupa di Sabino Loffredo; mentre alla Taverna del Capitano della famiglia Caputo - dove soggiornavo – a Nerano (Na), ho degustato il mio primo Fiano di Guido Marsella.
Un legame indissolubile tra le prestigiose carte dei vini e i prodotti enologici di nicchia del territorio.
LE TAPPE DEL NUOVO VIAGGIO
Oggi, a distanza di dodici anni, si ritorna in Campania.
Un viaggio intenso, che parte dal Cilento, con la visita all’azienda Luigi Maffini a Vallo di Diano, per concludersi a nord, nell’Irpinia, con le tappe a Summonte - al confine occidentale della denominazione avellinese - da Ciro Picariello, poi a Montefredane per Villa Diamante e infine ad Arianello da Clelia Romano nella sua azienda Colli di Lapio, nel versante orientale.
Nel mezzo del mio cammino due tappe intermedie: la prima nelle colline Salernitane da Montevetrano di Silvia Imparato e la seconda nella Terra delle Sirene, a Furore, da Marisa Cuomo.
Il vino del ricordo, il campione che più mi ha colpito di ogni azienda, è recensito nelle schede a parte!
LA TENTAZIONE NECESSARIA
IL CILENTO CON I MIEI OCCHI
Il Cilento è un gigante che si è svegliato da un lungo letargo...
Condizioni climatiche, tradizione e spazi suggeriscono una viticoltura di grande qualità.
Proprio nel Vallo di Diano sorge la nuova sede della cantina Luigi Maffini.
L’azienda conta 15 ettari di vigneti di proprietà per una produzione annua di 150.000 bottiglie.
LE COLLINE SALERNITANE
Un caleidoscopio di espressioni geografiche uniche, in continua evoluzione. Un paesaggio che è un melting pot di differenze sociali, economiche, storiche e linguistiche.
Qui ho conoscituto Silvia Imparato, nella sua azienda Montevetrano.
La tenuta vanta 5 ettari vitati di proprietà per una produzione annua di 25.000 bottiglie.
Una zona strategica questa, piena campagna, vicino al mare, tra Paestum e Pompei, con la Costiera Amalfitana di fronte. L’unione felice tra natura e intelligenza umana, con una volontà di ‘affrancarsi dal mito del vino’.
IL PATRIMONIO DELL’UNESCO: LA COSTA D’AMALFI
Vale la pena arrampicarsi, tornante dopo tornante, sino a queste quote del costone di Furore, sia per visitare l’azienda di Marisa Cuomo, sia per mangiare al ristorante-albergo Bacco. Il consiglio è di chiamare in anticipo e prenotare il menù dedicato alle specialità della costiera amalfitana. Scontato e rigoroso l'abbinamento ai vini di Marisa Cuomo.
Il panorama è tra quelli unici al mondo!
Marisa Cuomo e il marito Andrea Ferraioli rappresentano una delle coppie del vino più celebri della Campania.
L’IRPINIA
Per questo dovreste visitare Ciro Picariello, nel piccolo borgo di Summonte
Nella foto Stefano Zaghini e Ciro Piacariello
Un tipo baldo, coraggioso, ex geometra comunale che per vocazione alla terra decide di gettarvisi a piene mani e dal 2004 smette di conferire le uve a Feudi di San Gregorio. Vigneron dallo sguardo vispo e furbo, con una voglia infinita di sperimentare, come dimostra il suo brut Contadino "l’educato…non sboccato", uno spumante rifermentato in bottiglia ottenuto da metodo ancestrale, di cui ne ho apprezzato principalmente l'originalità. Il resto della produzione interna si è presentata all'insegna di uno stile teso e verticale, vibrante, in linea con le forti escursioni termiche di questo territorio e con l'andamento climatico dei diversi millesimi.
Anche in Montefredane, a Villa Diamante, si respira aria di sperimentazione!
Gli ettari vitati sono 4,5 per circa 15.000 bottiglie prodotte.
Nella foto: Serena Gaita insieme alla madre Diamante Renna nel vigneto di Clos D'Haut
Emozionale la versione barrique della Vigna della Congregazione 2000, che Diamante ci ha fatto degustare: un cru storico per i cultori del fiano, ma in una versione inedita e mai più ripetuta in seguito. Il compianto Antoine - il marito di Diamante Renna - fu tra i primi a sperimentare in regione la sosta prolungata sulle fecce per il fiano, raccogliendolo tardivamente e uscendo in ritardo sul mercato nel tentativo di esplorarne le potenzialità e la complessità.
Il Clos d’Haut, visitato, è un doppio vigneto di circa 2 ettari, con piante di quindici anni di età, posto al di sopra della tenuta a quota 530 m/slm. Il terreno è più sciolto e leggero rispetto a quello della Vigna della Congregazione.
Diamante insieme ai figli Serena ed Enrico, ha deciso in un momento difficile anche per le sorti aziendali di avvalersi della consulenza dell’enologo Vincenzo Mercurio (ex Mastroberardino). Gli ettari vitati sono 4.5 per circa 15.000 bottiglie prodotte
Differente invece l’approccio alla visita della cantina di Colli di Lapio di Clelia Romano in contrada Arianiello, sui 550 m/slm. Gli ettari vitati sono 8 per circa 55.000 bottiglie prodotte.
Qui si respira da subito il senso della tradizione più autentica, senza troppi grilli per la testa, con uno spirito immune dalle mode passeggere e capace di rinnovarsi.
Nella foto Clelia Romano
Dal 1994 ad oggi qui si scopre l’appartenenza più sincera a un territorio che potrebbe rivendicare la patria potestà del fiano. Anche il sodalizio storico con l’enologo Angelo Pizzi, a dispetto di altri vigneron, non è nascosto con pudore da chi ha la forza e il coraggio che nascono dal duro lavoro quotidiano, oggi rinnovato dalla certificazione biologica.
CREDITS
DOTT. GIUSEPPE GUARIGLIA, che compagno di viaggio!
Lo diceva anche Vitruvio:'Un compagno loquace è il miglior mezzo di trasporto per intraprendere il viaggio’.
Un personaggio autoctono, ciarliero e di grande generosità. Senza di lui questo viaggio non sarebbe stato così speciale! Grazie.
COUNTRY HOUSE FELICIA,
dell’AVV. Rosario Gugliemotti: la location perfetta per godersi il contesto ambientale alle pendici del paese di Giungano. In posizione strategica dalla costiera marittima e da Agropoli. Nelle vicinanze di Luigi Maffini, all’interno della denominazione Paestum.
Quanto è importante il ruolo dell’alta ristorazione in Campania? Quanto vale la cassa di risonanza che permette di diffondere il suo vino di qualità, in particolare il Fiano?
La risposta è: tanto, fondamentale, direi.
Estate 2004, costiera amalfitana, che epifania!
Ho ancora in testa la voce del patron del Don Alfonso 1890 (1995 prima stella michelin in sud Italia) - in quel di Sant’Agata sui Due Golfi - che mi racconta come abbia contribuito al successo dell’allora sconosciuto Fiano Colli di Lapio di Clelia Romano.
E nello stesso viaggio da Gennaro Esposito, alla Torre del Saracino di Marina d'Aequa di Vico Equense (Na), ho fatto la conoscenza dell’azienda Pietracupa di Sabino Loffredo; mentre alla Taverna del Capitano della famiglia Caputo - dove soggiornavo – a Nerano (Na), ho degustato il mio primo Fiano di Guido Marsella.
Un legame indissolubile tra le prestigiose carte dei vini e i prodotti enologici di nicchia del territorio.
LE TAPPE DEL NUOVO VIAGGIO
Oggi, a distanza di dodici anni, si ritorna in Campania.
Un viaggio intenso, che parte dal Cilento, con la visita all’azienda Luigi Maffini a Vallo di Diano, per concludersi a nord, nell’Irpinia, con le tappe a Summonte - al confine occidentale della denominazione avellinese - da Ciro Picariello, poi a Montefredane per Villa Diamante e infine ad Arianello da Clelia Romano nella sua azienda Colli di Lapio, nel versante orientale.
Nel mezzo del mio cammino due tappe intermedie: la prima nelle colline Salernitane da Montevetrano di Silvia Imparato e la seconda nella Terra delle Sirene, a Furore, da Marisa Cuomo.
Il vino del ricordo, il campione che più mi ha colpito di ogni azienda, è recensito nelle schede a parte!
LA TENTAZIONE NECESSARIA
Il Papavero a Eboli (zona strategica vicino al casello autostradale, ndr) è il ristorante ideale per chi è in cerca di una cucina di livello – una stella michelin – con un ottimo rapporto qualità/prezzo.
Una brigata giovane e brillante mi ha suggerito di abbinare alla piacevole cucina contemporanea alcuni interessanti outsider del fiano campano: il sottile e teso IGP Arenara 2014 dell’azienda Agricola Cianciulli, coltivato a 800 m/slm in zona Tufo, e l’orange wine IGP Paestum Phasis 2008 di Tenuta del Fasanella, succoso e vitale.
IL CILENTO CON I MIEI OCCHI
Il Cilento è un gigante che si è svegliato da un lungo letargo...
Condizioni climatiche, tradizione e spazi suggeriscono una viticoltura di grande qualità.
L’area interessata è approssimativamente quella intorno al Parco Naturale e alle colline di Agropoli. Mentre la vasta area del Vallo di Diano, che sino a un decennio fa non aveva nulla da dire, ora sembra invece destinata a diventare una nuova frontiera del produttiva.
Proprio nel Vallo di Diano sorge la nuova sede della cantina Luigi Maffini.
L’azienda conta 15 ettari di vigneti di proprietà per una produzione annua di 150.000 bottiglie.
Lui, un personaggio poliedrico, è stato un autentico volano per la viticoltura del Cilento.
I nuovi impianti di Giungano, a conduzione biologica certificata, sono produttivi dal 2010 e sono posti su terreni collinari che spaziano dai 150 ai 200 metri sul livello del mare. Il terroir è influenzato da marne calcaree e da un clima più fresco rispetto a quello che si respira invece sulla costa nella storica tenuta di Castellabate.
Il Kratos, da uve Fiano (85% da entrambe le proprietà e un 15% acquistate da conferitori), è stato di certo la pietra miliare che ha posto le basi per il risorgimento di questo territorio, segnando già dalla fine degli anni Novanta una svolta per il vino bianco campano. Negli assaggi svolti ho avvertito un piacevole cambio di registro, all'insegna di una maggiore freschezza e vivacità, con vini maggiormente improntati alla bevibilità.
LE COLLINE SALERNITANE
Un caleidoscopio di espressioni geografiche uniche, in continua evoluzione. Un paesaggio che è un melting pot di differenze sociali, economiche, storiche e linguistiche.
Qui ho conoscituto Silvia Imparato, nella sua azienda Montevetrano.
La tenuta vanta 5 ettari vitati di proprietà per una produzione annua di 25.000 bottiglie.
Una zona strategica questa, piena campagna, vicino al mare, tra Paestum e Pompei, con la Costiera Amalfitana di fronte. L’unione felice tra natura e intelligenza umana, con una volontà di ‘affrancarsi dal mito del vino’.
Di certo anche Silvia Imparato ha saputo cogliere il cambiamento dei tempi e la necessità di riportare il vino alla tavola, con una piacevolezza di beva non più velata dalle eccessive sovra-estrazioni degli anni Novanta. Il terreno, di origine vulcanica, è composto da marne argillose con componenti minerali che variano di vigna in vigna, conferendo al vino profondità e ricchezza di carattere. Diverse le inclinazioni dei vigneti, per un mosaico di piccoli appezzamenti a 150 m/slm circa.
Il Montevetrano è un rosso mediterraneo che sposa felicemente un classico taglio bordolese all’aglianico: dal profilo solare e contrastato come solo il territorio dei Monti Picentini sa essere, ci ha inebriato con intensi profumi di macchia, le stesse note che ci hanno accompagnato durante tutta la visita. L’anima gli deriva dall’aglianico e dal terroir, mentre l’eleganza dai vitigni internazionali che gli conferiscono anche una capacità di invecchiamento ottimale. Per i più puntigliosi annotiamo che dal 2010 la percentuale di aglianico è salita al 30%.
IL PATRIMONIO DELL’UNESCO: LA COSTA D’AMALFI
La Terra delle Sirene è l’emblema della "viticoltura eroica", dove, per chi ama il vino, il paesaggio è mozzafiato: vigneti allevati a pergola - la percentuale della spalliera è inferiore al 10% - su muretti a secco ricostruiti con una monorotaia che attraversa una spettacolare gola, dove s’incanala il vento che ‘dona’ il nome al comune di Furore e aiuta la frutta a crescere senza bisogno di trattamenti particolari.
Qui la produzione è veramente infinitesimale rispetto al resto della regione. Il patrimonio è costituito da vitigni autoctoni, conservati negli anni grazie ad un "geloso isolamento". Spesso a piede franco, i vigneti sono valorizzati da un terreno di origine dolomitica e da un clima favorevole, caratteristiche che hanno contribuito a trasformare questo territorio in un vero e proprio brand, molto appetibile ma che non sempre però giustifica prezzi elevati.
Vale la pena arrampicarsi, tornante dopo tornante, sino a queste quote del costone di Furore, sia per visitare l’azienda di Marisa Cuomo, sia per mangiare al ristorante-albergo Bacco. Il consiglio è di chiamare in anticipo e prenotare il menù dedicato alle specialità della costiera amalfitana. Scontato e rigoroso l'abbinamento ai vini di Marisa Cuomo.
Il panorama è tra quelli unici al mondo!
Marisa Cuomo e il marito Andrea Ferraioli rappresentano una delle coppie del vino più celebri della Campania.
Dagli 8 ettari vitati - di cui 3,5 di proprietà e 4,5 in affitto - e con l'aiuto di qualche conferitore ottengono un totale di 110.000 bottiglie all'anno. E’ situata a Furore, un comune di 1000 abitanti a 250 metri a picco sul mare, abbarbicata su di un fiordo creato dal torrente Schiato.
Nei vini prodotti si respira un’atmosfera mediterranea, con particolare riferimento per Ravello (10.000 bottiglie prodotte) e Furore (30.000 bottiglie prodotte). La vinificazione in acciaio contribuisce ad accentuare le diversità dei due terroir di provenienza. Il Ravello è più fruttato e solare, mentre da Furore si ottiene, a mio avviso, il vino più centrato della gamma aziendale, con note di macchia e un timbro più minerale e sapido.
Il Fior d’uva è l’etichetta di punta, conosciuta anche fuori dai confini regionali e da molti anni ai vertici nelle guide di settore. Si tratta di un bianco strutturato appena international-style, ottenuto da tre vitigni tipici: fenile e ripoli, che si trovano solo a Furore - raccolti tardivamente a fine ottobre - e vinificati in barrique e ginestra, coltivata su tutta la costiera e vinificata in acciaio.
L’IRPINIA
Segnata dalle eruzioni vulcaniche del Vesuvio, disegnata dai massicci del Terminio e del Partenio e solcata dai fiumi Calore e Sabato, l'Irpinia è la roccaforte della viticultura di qualità campana e di tutto il meridione; una delle pochissime provincie italiane ad aver ben tre Docg (il fiano di Avellino, il greco di Tufo e il Taurasi).
Doverosa la citazione della famiglia Mastroberardino, che prima di tutte le altre ha creduto e si è battuta per la crescita di questo territorio, puntando, già a metà del ‘900, solo su vini autoctoni locali. Un colosso enologico lungimirante che raccogliendo le uve dei coltivatori locali ha consentito al tessuto sociale di crescere in un clima di protezione, sfidando così le voci più autoritarie del mercato. Un coraggio che ci auguriamo di ritrovare presto anche nella produzione odierna, rassegnata in parte alla volontà di un mercato abituato a vini "ammorbiditi".
Per questo dovreste visitare Ciro Picariello, nel piccolo borgo di Summonte
È l’eccezione che conferma la regola! Gli ettari vitati sono 11 per circa 50.000 bottiglie prodotte.
Nella foto Stefano Zaghini e Ciro Piacariello
Un tipo baldo, coraggioso, ex geometra comunale che per vocazione alla terra decide di gettarvisi a piene mani e dal 2004 smette di conferire le uve a Feudi di San Gregorio. Vigneron dallo sguardo vispo e furbo, con una voglia infinita di sperimentare, come dimostra il suo brut Contadino "l’educato…non sboccato", uno spumante rifermentato in bottiglia ottenuto da metodo ancestrale, di cui ne ho apprezzato principalmente l'originalità. Il resto della produzione interna si è presentata all'insegna di uno stile teso e verticale, vibrante, in linea con le forti escursioni termiche di questo territorio e con l'andamento climatico dei diversi millesimi.
Il fiano prodotto dal 2008 si divide in parti uguali tra Summonte e Montefredane, entrambi arenali fortemente vocati alla tipologia, con le vigne tra i 500 e i 650 metri/slm con circa 20 anni di età e impianti a spalliera. Ma è da una piccola particella del giardino della casa-cantina - con i cornicioni pittati di giallo che in famiglia piacciono solo a lui - che Ciro produce il suo più recente ( e per me convincente) vino a base di fiano: il Ciro 906 (di cui parliamo in scheda). Si tratta di un monocru, da cui si ottengono solo 3.500 bottiglie, su un terreno in cui il primo strato vulcanico è più sottile, mentre in profondità si trova argilla limosa alternata a strati calcarei rocciosi.
Anche in Montefredane, a Villa Diamante, si respira aria di sperimentazione!
Gli ettari vitati sono 4,5 per circa 15.000 bottiglie prodotte.
Nella foto: Serena Gaita insieme alla madre Diamante Renna nel vigneto di Clos D'Haut
Emozionale la versione barrique della Vigna della Congregazione 2000, che Diamante ci ha fatto degustare: un cru storico per i cultori del fiano, ma in una versione inedita e mai più ripetuta in seguito. Il compianto Antoine - il marito di Diamante Renna - fu tra i primi a sperimentare in regione la sosta prolungata sulle fecce per il fiano, raccogliendolo tardivamente e uscendo in ritardo sul mercato nel tentativo di esplorarne le potenzialità e la complessità.
Il Clos d’Haut, visitato, è un doppio vigneto di circa 2 ettari, con piante di quindici anni di età, posto al di sopra della tenuta a quota 530 m/slm. Il terreno è più sciolto e leggero rispetto a quello della Vigna della Congregazione.
Diamante insieme ai figli Serena ed Enrico, ha deciso in un momento difficile anche per le sorti aziendali di avvalersi della consulenza dell’enologo Vincenzo Mercurio (ex Mastroberardino). Gli ettari vitati sono 4.5 per circa 15.000 bottiglie prodotte
Differente invece l’approccio alla visita della cantina di Colli di Lapio di Clelia Romano in contrada Arianiello, sui 550 m/slm. Gli ettari vitati sono 8 per circa 55.000 bottiglie prodotte.
Qui si respira da subito il senso della tradizione più autentica, senza troppi grilli per la testa, con uno spirito immune dalle mode passeggere e capace di rinnovarsi.
Nella foto Clelia Romano
Dal 1994 ad oggi qui si scopre l’appartenenza più sincera a un territorio che potrebbe rivendicare la patria potestà del fiano. Anche il sodalizio storico con l’enologo Angelo Pizzi, a dispetto di altri vigneron, non è nascosto con pudore da chi ha la forza e il coraggio che nascono dal duro lavoro quotidiano, oggi rinnovato dalla certificazione biologica.
Un terroir unico fatto di alte colline, a cavallo tra i fiumi Sabato e Calore con elevate escursioni termiche - spesso avvolte da nebbie e coperte di neve. Qui le vigne di età compresa tra i 17 ai 25 anni, sono protette dalla catena dei Picentini (fino a 1.300 metri di quota) e dall’altra parte da quella del Partenio.
Le vigne aziendali si trovano su suoli di medio impasto argillosi e calcarei, con una piccola parte più sciolta e sabbiosa, ideali - a detta della vigneron - per il fiano che teme la terra dura e secca. Abbiamo degustato insieme il suo Fiano 2015 (proposto in scheda).
Le vigne aziendali si trovano su suoli di medio impasto argillosi e calcarei, con una piccola parte più sciolta e sabbiosa, ideali - a detta della vigneron - per il fiano che teme la terra dura e secca. Abbiamo degustato insieme il suo Fiano 2015 (proposto in scheda).
CREDITS
DOTT. GIUSEPPE GUARIGLIA, che compagno di viaggio!
Lo diceva anche Vitruvio:'Un compagno loquace è il miglior mezzo di trasporto per intraprendere il viaggio’.
Un personaggio autoctono, ciarliero e di grande generosità. Senza di lui questo viaggio non sarebbe stato così speciale! Grazie.
COUNTRY HOUSE FELICIA,
dell’AVV. Rosario Gugliemotti: la location perfetta per godersi il contesto ambientale alle pendici del paese di Giungano. In posizione strategica dalla costiera marittima e da Agropoli. Nelle vicinanze di Luigi Maffini, all’interno della denominazione Paestum.