CHARDONNAY E CÔTE D’OR, UNA SOVRANITÀ DESTINATA ALLA REGGENZA
di FILIPPO APOLLINARI - 01 ottobre 2017
“E il vino? Cosa c’entra il vino? Oh, se c’entra! Il Vino è come la poesia, che si gusta meglio, e che si capisce davvero, soltanto quando si studia la vita, le altre opere, il carattere del poeta, quando si entra in confidenza con l’ambiente dove è nato, con la sua educazione, con il suo mondo. La nobiltà del vino è proprio questa: che non è mai un oggetto staccato e astratto, che possa essere giudicato bevendo un bicchiere, o due o tre, di una bottiglia che viene da un luogo dove non siamo mai stati.”
Così, Mario Soldati, nel suo “primo viaggio” dell’autunno 1968. Un invito a essere persuasi dalla curiosità di scoprire, osservare, viaggiare. Perché senza la curiosità e l’immaginazione si spalancano le porte all’accidia, si corre il rischio dell’apatia, di ridurre tutto a un calice mezzo pieno o mezzo vuoto, di omologare territori e persino terroir. Un rischio, quello dell’omologazione, che con lo chardonnay, varietà pressoché ubiquitaria, diventa quanto mai elevato.
Eppure lo chardonnay non fa eccezione alle altre nobili varietà del pianeta: la sua versatilità non ne limita la plasticità o la capacità di leggere in modo scrupoloso e severo il territorio di provenienza, piuttosto moltiplica e democratizza gli scenari possibili, a patto che l’ambizione del vignaiolo ne contenga la congenita generosità produttiva. E’ il vitigno a designare la naturale gerarchia dei luoghi in cui esso viene coltivato e, tra le possibili opzioni, la Borgogna - il luogo da cui lo chardonnay con ogni probabilità trae nome e natali – ne è certamente la patria elettiva.
Quella dello chardonnay di Borgogna è la storia di una sovranità che, seppur destinata alla reggenza dal blasone del pinot nero, ci permette di conoscere metro per metro il ventre viticolo di Francia, suffragando l’opera di certosina mappatura eseguita dai monaci benedettini a partire dal VI secolo. Una lettura che i vini a base di Chardonnay svolgono, nei primi anni di vita, persino meglio rispetto al Pinot Nero e alla sua iniziale esuberanza aromatica.
Presente in tutti i continenti in cui cresce la vite (solo l’Antartide è escluso), lo chardonnay compare in oltre trenta Paesi (35) del pianeta, per una superficie totale di 198.793 ettari vitati. E’ il quinto vitigno più diffuso, dietro a cabernet sauvignon (290.091), merlot (267.169), Airen (252.364) e Tempranillo (232.561) e subito davanti al syrah (185.568). I Paesi in cui è maggiormente coltivato sono i seguenti (ha): Francia 44.593, Usa 40.846, Australia 27.773, Italia 19.709 (di cui circa 11.353 rivendicati da denominazioni di origine), Chile 13.082, Sud Africa 8.278, Spagna 6.958, Argentina 6.473.*
La pianta dello chardonnay produce un grappolo compatto di medie dimensioni, costituito da un acino piccolo e sferoidale. In Borgogna il delta termico contribuisce a dilatare il ciclo vegetativo di quello che si presenta come un vitigno mediamente precoce, non tanto nel germogliamento, previsto nella terza decade di marzo (esattamente come in Italia), quanto nella maturazione, normalmente raggiunta nella prima decade di settembre. L’elevata esposizione al rischio di gelate primaverili è in parte compensata da una buona resistenza agli agenti patogeni più comuni. E’ esposto alla flavescenza dorata e alla muffa.
La grandezza dello chardonnay di Borgogna risiede nella capacità di offrire vini complessi ed eleganti, dotati di una palette olfattiva che si integra naturalmente alle sensazioni offerte dalla tradizionale vinificazione nelle pièces borgognone (botti di rovere da 228 litri). Un naso dinamico e in continua evoluzione, in grado di interpretare tramite le sfumature minerali la composizione del terreno in cui crescono le sue uve. La bocca è strutturata e polputa, con acidità raramente deficitaria a compensazione di quote alcoliche e gliceriche mai invasive. Un sorso più vigoroso rispetto a quello più femmineo del pinot nero, al quale si sovrappone nella componente salina, un elemento che rende inconfondibile l’olfatto e inarrivabile il sorso per tutti, o quasi, gli Chardonnay che nascono in altri luoghi.
Il merito di questo primato spetta alla Côte de Beaune, il distretto meridionale della Côte d’Or, in cui lo chardonnay approfitta di un’aneddotica sul pinot nero meno incisiva e sulla convinzione, condivisa da più parti, che a sud di Volnay il pinot nero abdichi in favore della bacca bianca. In questo senso la “collina di Corton”, con i suoi tre Grand Cru (Corton, il più vasto della Cote d’Or, Corton-Charlemagne e l’invisibile Charlemagne) inaugura la reggenza dello Chardonnay, che si manifesta in tutto il suo ardore nei mitologici e contigui comuni di Meursault, Puligny-Montrachet e Chassagne-Montrachet. A questi due nuclei produttivi si affianca di diritto l’enclave di Chablis, un’isola vitivinicola storicamente e legalmente acclusa alla Borgogna nonostante i suoi vigneti siano in linea d’aria più vicini all’area meridionale della Champagne (Aube), piuttosto che al resto della Borgogna.
Di seguito trovate alcuni appunti istintivi e "non editati" relativi ai vini assaggiati in occasione della degustazione "CHARDONNAY E CÔTE D’OR, UNA SOVRANITÀ DESTINATA ALLA REGGENZA", svoltasi all'Enoteca Burioli di Budrio di Longiano (FC) il 07.09.2017.
Per un ulteriore approfondimento su Chablis e sulla genetica degli Chardonnay che nascono nei diversi poli produttivi vi invitiamo a cliccare qui.
(*) DATI RICAVATI DA “Wine Economics Research Centre School of Economics University of Adelaide, South Australia” e Istat 2010.
Così, Mario Soldati, nel suo “primo viaggio” dell’autunno 1968. Un invito a essere persuasi dalla curiosità di scoprire, osservare, viaggiare. Perché senza la curiosità e l’immaginazione si spalancano le porte all’accidia, si corre il rischio dell’apatia, di ridurre tutto a un calice mezzo pieno o mezzo vuoto, di omologare territori e persino terroir. Un rischio, quello dell’omologazione, che con lo chardonnay, varietà pressoché ubiquitaria, diventa quanto mai elevato.
Eppure lo chardonnay non fa eccezione alle altre nobili varietà del pianeta: la sua versatilità non ne limita la plasticità o la capacità di leggere in modo scrupoloso e severo il territorio di provenienza, piuttosto moltiplica e democratizza gli scenari possibili, a patto che l’ambizione del vignaiolo ne contenga la congenita generosità produttiva. E’ il vitigno a designare la naturale gerarchia dei luoghi in cui esso viene coltivato e, tra le possibili opzioni, la Borgogna - il luogo da cui lo chardonnay con ogni probabilità trae nome e natali – ne è certamente la patria elettiva.
Quella dello chardonnay di Borgogna è la storia di una sovranità che, seppur destinata alla reggenza dal blasone del pinot nero, ci permette di conoscere metro per metro il ventre viticolo di Francia, suffragando l’opera di certosina mappatura eseguita dai monaci benedettini a partire dal VI secolo. Una lettura che i vini a base di Chardonnay svolgono, nei primi anni di vita, persino meglio rispetto al Pinot Nero e alla sua iniziale esuberanza aromatica.
Presente in tutti i continenti in cui cresce la vite (solo l’Antartide è escluso), lo chardonnay compare in oltre trenta Paesi (35) del pianeta, per una superficie totale di 198.793 ettari vitati. E’ il quinto vitigno più diffuso, dietro a cabernet sauvignon (290.091), merlot (267.169), Airen (252.364) e Tempranillo (232.561) e subito davanti al syrah (185.568). I Paesi in cui è maggiormente coltivato sono i seguenti (ha): Francia 44.593, Usa 40.846, Australia 27.773, Italia 19.709 (di cui circa 11.353 rivendicati da denominazioni di origine), Chile 13.082, Sud Africa 8.278, Spagna 6.958, Argentina 6.473.*
La pianta dello chardonnay produce un grappolo compatto di medie dimensioni, costituito da un acino piccolo e sferoidale. In Borgogna il delta termico contribuisce a dilatare il ciclo vegetativo di quello che si presenta come un vitigno mediamente precoce, non tanto nel germogliamento, previsto nella terza decade di marzo (esattamente come in Italia), quanto nella maturazione, normalmente raggiunta nella prima decade di settembre. L’elevata esposizione al rischio di gelate primaverili è in parte compensata da una buona resistenza agli agenti patogeni più comuni. E’ esposto alla flavescenza dorata e alla muffa.
La grandezza dello chardonnay di Borgogna risiede nella capacità di offrire vini complessi ed eleganti, dotati di una palette olfattiva che si integra naturalmente alle sensazioni offerte dalla tradizionale vinificazione nelle pièces borgognone (botti di rovere da 228 litri). Un naso dinamico e in continua evoluzione, in grado di interpretare tramite le sfumature minerali la composizione del terreno in cui crescono le sue uve. La bocca è strutturata e polputa, con acidità raramente deficitaria a compensazione di quote alcoliche e gliceriche mai invasive. Un sorso più vigoroso rispetto a quello più femmineo del pinot nero, al quale si sovrappone nella componente salina, un elemento che rende inconfondibile l’olfatto e inarrivabile il sorso per tutti, o quasi, gli Chardonnay che nascono in altri luoghi.
Il merito di questo primato spetta alla Côte de Beaune, il distretto meridionale della Côte d’Or, in cui lo chardonnay approfitta di un’aneddotica sul pinot nero meno incisiva e sulla convinzione, condivisa da più parti, che a sud di Volnay il pinot nero abdichi in favore della bacca bianca. In questo senso la “collina di Corton”, con i suoi tre Grand Cru (Corton, il più vasto della Cote d’Or, Corton-Charlemagne e l’invisibile Charlemagne) inaugura la reggenza dello Chardonnay, che si manifesta in tutto il suo ardore nei mitologici e contigui comuni di Meursault, Puligny-Montrachet e Chassagne-Montrachet. A questi due nuclei produttivi si affianca di diritto l’enclave di Chablis, un’isola vitivinicola storicamente e legalmente acclusa alla Borgogna nonostante i suoi vigneti siano in linea d’aria più vicini all’area meridionale della Champagne (Aube), piuttosto che al resto della Borgogna.
Di seguito trovate alcuni appunti istintivi e "non editati" relativi ai vini assaggiati in occasione della degustazione "CHARDONNAY E CÔTE D’OR, UNA SOVRANITÀ DESTINATA ALLA REGGENZA", svoltasi all'Enoteca Burioli di Budrio di Longiano (FC) il 07.09.2017.
Per un ulteriore approfondimento su Chablis e sulla genetica degli Chardonnay che nascono nei diversi poli produttivi vi invitiamo a cliccare qui.
(*) DATI RICAVATI DA “Wine Economics Research Centre School of Economics University of Adelaide, South Australia” e Istat 2010.