DONNA PAOLA E COLLE PICCHIONI, OMAGGIO A TUTTE LE DONNE DEL VINO
di STEFANO ZAGHINI - 08 marzo 2018
“Se l’arte dello stratagemma si nutre dell’intuito e del senso di attesa, da sempre prerogative della pazienza femminile nel discorso amoroso e idealmente sublimate dalla mitologica tela di Penelope, allora una delle prefazioni più belle del romanzo storico che ha per titolo ‘Il talento delle donne del vino’ è stata scritta dalla signora in rosso per antonomasia: Donna Paola di Mauro”
RIVOLUZIONE ROSA
Chi avrebbe mai immaginato, anche solo una quindicina di anni fa, che in un sistema storicamente maschilista come quello enoviticolo così tante donne si sarebbero imposte come protagoniste in diversi terroir del mondo? Una volta sembravano esserci delle barriere culturali insormontabili, e figure come Nicole Barbe Ponsardin, Lilly Bollinger, Lalou Bize Leroy e Anne Claude Leflaive rappresentavano solo una gloriosa eccezione alla regola. Oggi non è più così: restando in Italia, è ormai un gioco da ragazzi indicare una trentina di vignaiole di talento, senza contare chi ancora vive nell’ombra, chi si accinge a spiccare il volo e, perché no, anche le migliaia di degustatrici, sommelier e bevitrici appassionate che finalmente tingono di rosa un mondo un tempo grigio come il cielo di Londra a metà novembre.
Il mio articolo, scritto con la complicità di un superbo rosso laziale bevuto di recente, è dedicato alla sua autrice, Paola Di Mauro, una donna proveniente dalla borghesia romana che si trasformerà ben presto in uno dei personaggi più carismatici e considerati dell’allora piccolo mondo del vino nazionale (non solo quindi del sonnolento comparto enologico laziale). A premessa di questa evocativa rivoluzione rosa, tuttavia, mi preme anche ricordare il ruolo empaticamente determinante di Rosanna Antoniolo nella Gattinara dei primi anni Settanta. Quando Rosanna subentrò al padre, il Cavaliere Mario Antoniolo, nella gestione dell’azienda di famiglia, ebbe il grande merito di diversificare le vinificazione per vigneto di provenienza, esaltando il valore del dedalo di parcelle che il Cavaliere aveva acquistato, con perizia certosina, da alcuni coltivatori locali.
Così, nel 1974, mentre Paola Di Mauro sperimentava i primi imbottigliamenti nei suoi Castelli Romani, più a nord dello stivale, Rosanna imbottigliava per la prima volta L’Osso San Grato, elevandolo a vino-culto nel gotha enologico italiano. Una scelta visionaria in un’Italia che contava pochissimi vini riportare in etichetta la menzione del Cru di provenienza e, soprattutto, in un contingente storico che iniziava a portare al ribasso la qualità della denominazione per via di un’eccessiva richiesta commerciale, alimentando un mercato dequalificante, fatto spesso di generosi tagli con basi provenienti dal centro-sud.
P.S. Paolo Monelli nel 1971 scriveva a riguardo ‘avendo Mario Soldati più volte celebrato il Gattinara come il più degno e aristocratico vino della penisola….numerosi mercanti di vino sono accorsi a quella splendida regione vitifera sulle basse colline in cui è venuta a rompersi l’alluvione biellese e nell’ubertosa pianura che ne discende si sono buttati sui proprietari dei vigneti comperando a qualsiasi prezzo e subito per gli anni a venire tutta l’uva dei poderi non lasciando nemmeno qualche tino ai proprietari’
Ritornando al nostro proposito iniziale, in Italia sarà grazie alla strada aperta da questi due illuminati esempi femminili, Paola e Rosanna, che la storia ci parlerà nei decenni a venire di un rapporto indissolubile tra il mondo enologico e le sue coraggiose donne; anime salve in terra e in mare.
DONNA PAOLA
Tutto nasce nel bisestile 1976, quando il genere umano scopre l’Ebola dal continente africano e quando negli Stati Uniti d’America, mentre viene ripristinata in alcuni stati la pena capitale, Bob Dylan incide l’impegnata e sentita ‘Hurricane’. In Italia lo Stato sociale sta vivendo il travaglio degli anni di piombo: il PSI ritira la fiducia facendo dimettere così il IV governo di Aldo Moro (verrà ucciso dalle brigate rosse due anni dopo) e il diritto di stampa vede annoverare tra le sue fila il nuovo quotidiano La Repubblica a cura del fondatore e curatore Eugenio Scalfari. La società di costume si rispecchia in televisione nella natia Domenica in, un contenitore di intrattenimento creato e presentato dal Corrado "nazionale", e Francesco De Gregori risponde al menestrello americano incidendo ‘Buffalo Bill’…nel frattempo, un piccolissimo appezzamento di terreno della famiglia Di Mauro, sito in località Frattocchie nei Castelli Romani, comincia a dare i suoi primi frutti.
E’ qui, lungo il panoramico costone della Regina Viarum - tra le cittadine di Albano e Marino - sulla amena via Colle Picchioni, che la visione di Donna Paola Di Mauro prende forma nell’eponima azienda viticola. Del resto quel terreno acquistato otto anni prima portava già dagli anni quaranta le stigmate bordolesi derivanti dalle origini francesi della precedente proprietaria. La scelta della famiglia Di Mauro appare come un pretesto bucolico per sfuggire dal caos cittadino e rifugiarsi nel tempo libero nell’incanto dei Castelli Romani. Per tutti forse, ma non per Donna Paola, che in quel fazzoletto di terra scorge subito un potenziale tutto da sfruttare, se non altro per smettere di bere il vino acetico del contadino che fino ad allora aveva coltivato quelle vigne.
Così, di nascosto dal marito, decide di fare da sé: qualche anno di sperimentazioni e poi via con la prima vendemmia nel 1974, portata avanti con mezzi di fortuna.
Sono circa 12.000 le bottiglie annue prodotte nella seconda metà degli anni Settanta, mentre il primo imbottigliamento ufficiale con il nome del Vigna del Vassallo è del 1982.
Successivamente studia, si informa, aumenta la superficie vitata e si impone di confrontarsi con il resto del mondo. L’ambizione la fa viaggiare ovunque, si confronta con gli specialisti e sarà il primo produttore a frequentare i corsi dell’Ais. E’ dei primi anni Ottanta, ad esempio, la decisione di imbottigliare il suo Marino Doc in flaconi perfettamente trasparenti, affinché il pubblico possa apprezzarne la limpidezza ed il colore dorato e vivace del suo vino, molto diverso dai colori neutri dei ‘vini di carta’ di quei tempi.
La svolta decisiva tuttavia avviene nel 1983, quando Paola Di Mauro conosce Giorgio Grai, geniale enologo altoatesino con il quale nascerà subito una liaison professionale. Dopo quell’occasione la piccola azienda familiare diventa una sorta di fucina a cielo aperto, dove si susseguono le presenze di personaggi e critici illuminati del mondo del vino di quegli anni; il maestro Luigi Veronelli e Daniele Cernilli sono i primi a sostenere e promuovere il progetto Colle Picchioni. In seguito anche l’autoctono Armando Castagno si appassionerà alla causa, accompagnando spesso il suo seguito di giovani di belle speranze, tra cui Francesco Falcone, in pellegrinaggi di studio in quella promettente realtà vitivinicola.
La costanza qualitativa del vino prodotto e il suo inserimento nelle principali guide di settore fanno il resto, proiettando Colle Picchioni nel firmamento della viticoltura italiana e consacrando definitivamente il Vigna del Vassallo. Negli anni a venire avviene l’inserimento graduale nella gestione aziendale del figlio Armando Di Mauro, ex bancario, che erediterà definitivamente il testimone dalla madre Paola a cavallo dei due secoli, idealmente nel 1996, quando sceglierà Riccardo Cottarella come amichevole e fidata consulenza esterna, interrompendo l’originario sodalizio con Grai.
Dal 2003 il rinnovo della veste grafica dell’etichetta storica, con stilemi più contemporanei, è voluta da Valerio Di Mauro, il figlio di Armando, esponente della terza generazione familiare.
Ma questa è già tutta un’altra storia, come quella che vede Donna Paola protagonista nelle vesti di chef ante-litteram: mentre la sua vita dal portamento signorile si elevava ad anima aziendale sempre tra un manuale di botanica ed un libro di agronomia, per la magica proprietà transitiva che dal vino conduce al cibo, ebbe anche il tempo e le capacità di diventare una cuoca raffinata, particolarmente apprezzata oltreoceano, tramandando in seguito la sua arte, in forma di ricette, proprio al nipote Valerio.
Dopo aver conquistato per decenni la considerazione e la stima di ristoratori (ha insegnato la cucina al Valentino di Santa Monica e al ristorante di Bastianich) e di giornalisti internazionali (il New York Times e il Los Angeles Time le dedicheranno degli articoli a pagina intera), sarà poi la volta dei ritratti di Veronelli e de La Repubblica, che ne celebrarono la fama al fianco di grandi produttori del calibro del Marchese Piero Antinori, Angelo Gaja e Silvio Jermann.
Tutto questo talento, che è assai riduttivo considerare solo come indubbia e caparbia capacità imprenditoriale, le consentirà l’ammissione tra ‘le Donne del vino’, associazione che riunisce imprenditrici e giornaliste del settore vinicolo di tutta Italia. Si spegne nel 2015, a 91 anni di età.
I CASTELLI ROMANI
‘Il lembo di terra vulcanica che sale a destra della via Appia da Roma verso Marino, seguendo la direttrice sud-est del vulcano laziale, fino a scollinare all’altezza del lago di Albano, ha una struttura dei terreni compositi e stratificati che gode di benefici influssi dati dalle brezze marine ma non è solo questo, resta qualcosa di non detto, di non chiarito, che spieghi qui l’eccezionale riuscita di quasi tutte le colture agricole’ (Armando Castagno)
La zona dei Castelli Romani si conforma su un paesaggio dalle peculiarità territoriali di elezione davvero uniche, con una vocazione che si ascrive ai terreni ricchi di sali di potassio e di fosforo, nonché a un microclima ideale, favorito dall’azione mitigatrice dei laghi presenti.
Nello specifico, questo particolare distretto, tra Albano e Marino, gode di suoli di origine vulcanica e ricchi di humus, dove si sono generati storicamente altri vini ‘Super Latian’ da uve bordolesi.
Si tratta di rossi laziali di razza che hanno sviluppato gloriosamente nel tempo, tratti di sottile e verticale eleganza, coadiuvati in sottofondo dall’infiltrante mineralità salina come per il leggendario Fiorano rosso del Principe Boncompagni Ludovisi: un vino dall’aureo lignaggio aristocratico, che possiamo a buon diritto considerare il fratello maggiore del “nostro” Vigna del Vassallo.
Il Vigna del Vassallo è un taglio bordolese ottenuto dall’eponima vigna, a tutti gli effetti il Cru aziendale, il cui nome è una dedica al lavoro dei vassalli dei principi Colonna a cui appartenevano originariamente i terreni della tenuta. Viene prodotto grazie a una conduzione biologica non certificata, con basse rese e alte densità di impianto, su sottosuoli sabbiosi di genesi vulcanica.
E’ ottenuto da un blend in prevalenza di merlot (60%) con saldo di cabernet sauvignon e franc.
I vini degustati sono stati vinificati in acciaio, maturati 6 mesi in carati e 20 mesi in botti di Allier da 20 ettolitri, senza subire filtraggi.
IL RESOCONTO DEGLI ASSAGGI
L’idea di questo lungo articolo come segno di sentita riconoscenza al talento delle donne del vino, nasce dall’aver degustato in tempi diversi, ma ravvicinati, la versione 2001 e 2000 del Vigna del Vassallo, due interpretazioni differenti, vivaddio, del taglio bordolese, in quanto diverse sono le caratteristiche climatiche dei millesimi di provenienza. Medesima invece è la tempra arcaica e scura di questo vino territoriale dal timbro originale e ancestrale, sostanziale ed essenziale, quasi un preraffaellita rispetto al gusto accademico e globalizzato di certi vini moderni.
Rosso del Lazio igt Vigna del Vassallo 2001
Nell’insieme è un vino cangiante con un equilibrio e una progressione eccellente (un ‘Rive Droite’ a tinte romane), disegnato da tratteggi signorili e affascinanti come il portamento della sua creatrice.
Alterna, in apertura di naso, sfumature molto fini e complesse di frutta rossa in confettura, di ciliegia e amarena sotto spirito, con una piacevole parte terziaria di cuoio e caffè. Le note più intriganti e originali sono però quelle che si formano in rapporto con l’aria: inchiostro, china, intrecciate a sensazioni vegetali nobili di eucalipto e radici. L’idea di mineralità scura percepita al naso si conferma come sensazione tattile-torbata anche al palato, per un sorso pieno e armonico. Segnato da una trama gustativa di sostanza e classe, rinfrescata da una vena acida agrumata infiltrante e segnata da tannini di estrazione magistrale che ne allungano la persistenza finale.
Rosso del Lazio igt Vigna del Vassallo 2000
Un vino dal registro più introverso rispetto al 2001, ma anche (almeno per il sottoscritto) più emozionale. Tratti insoliti e originali, sia a livello sensoriale che gustativo come, nei casi più felici, ha prodotto l’annata 2000 nelle aree continentali dello stivale.
In apertura svela un naso timido, un bouquet riservato ma elegantemente composto nel temperamento a tinte noir. A bicchiere fermo sorprende la mancanza di cedimenti a sensazioni di evoluzione, anzi, i profumi migliorano in rapporto con l’aria giocando sulle suggestioni di agrume rosso, leggi tamarindo, alternate all’incenso e al ginepro, con cenni di goudron e sottile affumicatura in sottofondo. In bocca mostra una struttura solida e compatta, con una dinamica gustativa contenuta e introversa, con una leggera vena di rusticità commovente anche per integrità di sapore e nobile sapidità. The dark side of the moon.
Bibliografia consultata:
Paolo Monelli da Il Bevitore 1971
Roland Bhartes da ‘Frammenti di un discorso amoroso’ 1977
Il Vino Italiano ‘Vitigni, enografia e gastronomia regionale’ edito da AIS 2003
Armando Castagno da ‘Vigna del Vassallo’ pubblicato su Bibenda n. 20 - 2006
Paola di Mauro - Le mie ricette: la cucina di una storica donna del vino’ – Gambero Rosso 2007
Fabienne Moreau da ‘Vita effervescente di Madame Clicquot’ edito da Storie Skira 2014
Gambero Rosso on-line: ‘E’ scomparsa Paola di Mauro. Addio alla signora del vino italiano’ del 13.10.2015
RIVOLUZIONE ROSA
Chi avrebbe mai immaginato, anche solo una quindicina di anni fa, che in un sistema storicamente maschilista come quello enoviticolo così tante donne si sarebbero imposte come protagoniste in diversi terroir del mondo? Una volta sembravano esserci delle barriere culturali insormontabili, e figure come Nicole Barbe Ponsardin, Lilly Bollinger, Lalou Bize Leroy e Anne Claude Leflaive rappresentavano solo una gloriosa eccezione alla regola. Oggi non è più così: restando in Italia, è ormai un gioco da ragazzi indicare una trentina di vignaiole di talento, senza contare chi ancora vive nell’ombra, chi si accinge a spiccare il volo e, perché no, anche le migliaia di degustatrici, sommelier e bevitrici appassionate che finalmente tingono di rosa un mondo un tempo grigio come il cielo di Londra a metà novembre.
Il mio articolo, scritto con la complicità di un superbo rosso laziale bevuto di recente, è dedicato alla sua autrice, Paola Di Mauro, una donna proveniente dalla borghesia romana che si trasformerà ben presto in uno dei personaggi più carismatici e considerati dell’allora piccolo mondo del vino nazionale (non solo quindi del sonnolento comparto enologico laziale). A premessa di questa evocativa rivoluzione rosa, tuttavia, mi preme anche ricordare il ruolo empaticamente determinante di Rosanna Antoniolo nella Gattinara dei primi anni Settanta. Quando Rosanna subentrò al padre, il Cavaliere Mario Antoniolo, nella gestione dell’azienda di famiglia, ebbe il grande merito di diversificare le vinificazione per vigneto di provenienza, esaltando il valore del dedalo di parcelle che il Cavaliere aveva acquistato, con perizia certosina, da alcuni coltivatori locali.
Così, nel 1974, mentre Paola Di Mauro sperimentava i primi imbottigliamenti nei suoi Castelli Romani, più a nord dello stivale, Rosanna imbottigliava per la prima volta L’Osso San Grato, elevandolo a vino-culto nel gotha enologico italiano. Una scelta visionaria in un’Italia che contava pochissimi vini riportare in etichetta la menzione del Cru di provenienza e, soprattutto, in un contingente storico che iniziava a portare al ribasso la qualità della denominazione per via di un’eccessiva richiesta commerciale, alimentando un mercato dequalificante, fatto spesso di generosi tagli con basi provenienti dal centro-sud.
P.S. Paolo Monelli nel 1971 scriveva a riguardo ‘avendo Mario Soldati più volte celebrato il Gattinara come il più degno e aristocratico vino della penisola….numerosi mercanti di vino sono accorsi a quella splendida regione vitifera sulle basse colline in cui è venuta a rompersi l’alluvione biellese e nell’ubertosa pianura che ne discende si sono buttati sui proprietari dei vigneti comperando a qualsiasi prezzo e subito per gli anni a venire tutta l’uva dei poderi non lasciando nemmeno qualche tino ai proprietari’
Ritornando al nostro proposito iniziale, in Italia sarà grazie alla strada aperta da questi due illuminati esempi femminili, Paola e Rosanna, che la storia ci parlerà nei decenni a venire di un rapporto indissolubile tra il mondo enologico e le sue coraggiose donne; anime salve in terra e in mare.
DONNA PAOLA
Tutto nasce nel bisestile 1976, quando il genere umano scopre l’Ebola dal continente africano e quando negli Stati Uniti d’America, mentre viene ripristinata in alcuni stati la pena capitale, Bob Dylan incide l’impegnata e sentita ‘Hurricane’. In Italia lo Stato sociale sta vivendo il travaglio degli anni di piombo: il PSI ritira la fiducia facendo dimettere così il IV governo di Aldo Moro (verrà ucciso dalle brigate rosse due anni dopo) e il diritto di stampa vede annoverare tra le sue fila il nuovo quotidiano La Repubblica a cura del fondatore e curatore Eugenio Scalfari. La società di costume si rispecchia in televisione nella natia Domenica in, un contenitore di intrattenimento creato e presentato dal Corrado "nazionale", e Francesco De Gregori risponde al menestrello americano incidendo ‘Buffalo Bill’…nel frattempo, un piccolissimo appezzamento di terreno della famiglia Di Mauro, sito in località Frattocchie nei Castelli Romani, comincia a dare i suoi primi frutti.
E’ qui, lungo il panoramico costone della Regina Viarum - tra le cittadine di Albano e Marino - sulla amena via Colle Picchioni, che la visione di Donna Paola Di Mauro prende forma nell’eponima azienda viticola. Del resto quel terreno acquistato otto anni prima portava già dagli anni quaranta le stigmate bordolesi derivanti dalle origini francesi della precedente proprietaria. La scelta della famiglia Di Mauro appare come un pretesto bucolico per sfuggire dal caos cittadino e rifugiarsi nel tempo libero nell’incanto dei Castelli Romani. Per tutti forse, ma non per Donna Paola, che in quel fazzoletto di terra scorge subito un potenziale tutto da sfruttare, se non altro per smettere di bere il vino acetico del contadino che fino ad allora aveva coltivato quelle vigne.
Così, di nascosto dal marito, decide di fare da sé: qualche anno di sperimentazioni e poi via con la prima vendemmia nel 1974, portata avanti con mezzi di fortuna.
Sono circa 12.000 le bottiglie annue prodotte nella seconda metà degli anni Settanta, mentre il primo imbottigliamento ufficiale con il nome del Vigna del Vassallo è del 1982.
Successivamente studia, si informa, aumenta la superficie vitata e si impone di confrontarsi con il resto del mondo. L’ambizione la fa viaggiare ovunque, si confronta con gli specialisti e sarà il primo produttore a frequentare i corsi dell’Ais. E’ dei primi anni Ottanta, ad esempio, la decisione di imbottigliare il suo Marino Doc in flaconi perfettamente trasparenti, affinché il pubblico possa apprezzarne la limpidezza ed il colore dorato e vivace del suo vino, molto diverso dai colori neutri dei ‘vini di carta’ di quei tempi.
La svolta decisiva tuttavia avviene nel 1983, quando Paola Di Mauro conosce Giorgio Grai, geniale enologo altoatesino con il quale nascerà subito una liaison professionale. Dopo quell’occasione la piccola azienda familiare diventa una sorta di fucina a cielo aperto, dove si susseguono le presenze di personaggi e critici illuminati del mondo del vino di quegli anni; il maestro Luigi Veronelli e Daniele Cernilli sono i primi a sostenere e promuovere il progetto Colle Picchioni. In seguito anche l’autoctono Armando Castagno si appassionerà alla causa, accompagnando spesso il suo seguito di giovani di belle speranze, tra cui Francesco Falcone, in pellegrinaggi di studio in quella promettente realtà vitivinicola.
La costanza qualitativa del vino prodotto e il suo inserimento nelle principali guide di settore fanno il resto, proiettando Colle Picchioni nel firmamento della viticoltura italiana e consacrando definitivamente il Vigna del Vassallo. Negli anni a venire avviene l’inserimento graduale nella gestione aziendale del figlio Armando Di Mauro, ex bancario, che erediterà definitivamente il testimone dalla madre Paola a cavallo dei due secoli, idealmente nel 1996, quando sceglierà Riccardo Cottarella come amichevole e fidata consulenza esterna, interrompendo l’originario sodalizio con Grai.
Dal 2003 il rinnovo della veste grafica dell’etichetta storica, con stilemi più contemporanei, è voluta da Valerio Di Mauro, il figlio di Armando, esponente della terza generazione familiare.
Ma questa è già tutta un’altra storia, come quella che vede Donna Paola protagonista nelle vesti di chef ante-litteram: mentre la sua vita dal portamento signorile si elevava ad anima aziendale sempre tra un manuale di botanica ed un libro di agronomia, per la magica proprietà transitiva che dal vino conduce al cibo, ebbe anche il tempo e le capacità di diventare una cuoca raffinata, particolarmente apprezzata oltreoceano, tramandando in seguito la sua arte, in forma di ricette, proprio al nipote Valerio.
Dopo aver conquistato per decenni la considerazione e la stima di ristoratori (ha insegnato la cucina al Valentino di Santa Monica e al ristorante di Bastianich) e di giornalisti internazionali (il New York Times e il Los Angeles Time le dedicheranno degli articoli a pagina intera), sarà poi la volta dei ritratti di Veronelli e de La Repubblica, che ne celebrarono la fama al fianco di grandi produttori del calibro del Marchese Piero Antinori, Angelo Gaja e Silvio Jermann.
Tutto questo talento, che è assai riduttivo considerare solo come indubbia e caparbia capacità imprenditoriale, le consentirà l’ammissione tra ‘le Donne del vino’, associazione che riunisce imprenditrici e giornaliste del settore vinicolo di tutta Italia. Si spegne nel 2015, a 91 anni di età.
I CASTELLI ROMANI
‘Il lembo di terra vulcanica che sale a destra della via Appia da Roma verso Marino, seguendo la direttrice sud-est del vulcano laziale, fino a scollinare all’altezza del lago di Albano, ha una struttura dei terreni compositi e stratificati che gode di benefici influssi dati dalle brezze marine ma non è solo questo, resta qualcosa di non detto, di non chiarito, che spieghi qui l’eccezionale riuscita di quasi tutte le colture agricole’ (Armando Castagno)
La zona dei Castelli Romani si conforma su un paesaggio dalle peculiarità territoriali di elezione davvero uniche, con una vocazione che si ascrive ai terreni ricchi di sali di potassio e di fosforo, nonché a un microclima ideale, favorito dall’azione mitigatrice dei laghi presenti.
Nello specifico, questo particolare distretto, tra Albano e Marino, gode di suoli di origine vulcanica e ricchi di humus, dove si sono generati storicamente altri vini ‘Super Latian’ da uve bordolesi.
Si tratta di rossi laziali di razza che hanno sviluppato gloriosamente nel tempo, tratti di sottile e verticale eleganza, coadiuvati in sottofondo dall’infiltrante mineralità salina come per il leggendario Fiorano rosso del Principe Boncompagni Ludovisi: un vino dall’aureo lignaggio aristocratico, che possiamo a buon diritto considerare il fratello maggiore del “nostro” Vigna del Vassallo.
Il Vigna del Vassallo è un taglio bordolese ottenuto dall’eponima vigna, a tutti gli effetti il Cru aziendale, il cui nome è una dedica al lavoro dei vassalli dei principi Colonna a cui appartenevano originariamente i terreni della tenuta. Viene prodotto grazie a una conduzione biologica non certificata, con basse rese e alte densità di impianto, su sottosuoli sabbiosi di genesi vulcanica.
E’ ottenuto da un blend in prevalenza di merlot (60%) con saldo di cabernet sauvignon e franc.
I vini degustati sono stati vinificati in acciaio, maturati 6 mesi in carati e 20 mesi in botti di Allier da 20 ettolitri, senza subire filtraggi.
IL RESOCONTO DEGLI ASSAGGI
L’idea di questo lungo articolo come segno di sentita riconoscenza al talento delle donne del vino, nasce dall’aver degustato in tempi diversi, ma ravvicinati, la versione 2001 e 2000 del Vigna del Vassallo, due interpretazioni differenti, vivaddio, del taglio bordolese, in quanto diverse sono le caratteristiche climatiche dei millesimi di provenienza. Medesima invece è la tempra arcaica e scura di questo vino territoriale dal timbro originale e ancestrale, sostanziale ed essenziale, quasi un preraffaellita rispetto al gusto accademico e globalizzato di certi vini moderni.
Rosso del Lazio igt Vigna del Vassallo 2001
Nell’insieme è un vino cangiante con un equilibrio e una progressione eccellente (un ‘Rive Droite’ a tinte romane), disegnato da tratteggi signorili e affascinanti come il portamento della sua creatrice.
Alterna, in apertura di naso, sfumature molto fini e complesse di frutta rossa in confettura, di ciliegia e amarena sotto spirito, con una piacevole parte terziaria di cuoio e caffè. Le note più intriganti e originali sono però quelle che si formano in rapporto con l’aria: inchiostro, china, intrecciate a sensazioni vegetali nobili di eucalipto e radici. L’idea di mineralità scura percepita al naso si conferma come sensazione tattile-torbata anche al palato, per un sorso pieno e armonico. Segnato da una trama gustativa di sostanza e classe, rinfrescata da una vena acida agrumata infiltrante e segnata da tannini di estrazione magistrale che ne allungano la persistenza finale.
Rosso del Lazio igt Vigna del Vassallo 2000
Un vino dal registro più introverso rispetto al 2001, ma anche (almeno per il sottoscritto) più emozionale. Tratti insoliti e originali, sia a livello sensoriale che gustativo come, nei casi più felici, ha prodotto l’annata 2000 nelle aree continentali dello stivale.
In apertura svela un naso timido, un bouquet riservato ma elegantemente composto nel temperamento a tinte noir. A bicchiere fermo sorprende la mancanza di cedimenti a sensazioni di evoluzione, anzi, i profumi migliorano in rapporto con l’aria giocando sulle suggestioni di agrume rosso, leggi tamarindo, alternate all’incenso e al ginepro, con cenni di goudron e sottile affumicatura in sottofondo. In bocca mostra una struttura solida e compatta, con una dinamica gustativa contenuta e introversa, con una leggera vena di rusticità commovente anche per integrità di sapore e nobile sapidità. The dark side of the moon.
Bibliografia consultata:
Paolo Monelli da Il Bevitore 1971
Roland Bhartes da ‘Frammenti di un discorso amoroso’ 1977
Il Vino Italiano ‘Vitigni, enografia e gastronomia regionale’ edito da AIS 2003
Armando Castagno da ‘Vigna del Vassallo’ pubblicato su Bibenda n. 20 - 2006
Paola di Mauro - Le mie ricette: la cucina di una storica donna del vino’ – Gambero Rosso 2007
Fabienne Moreau da ‘Vita effervescente di Madame Clicquot’ edito da Storie Skira 2014
Gambero Rosso on-line: ‘E’ scomparsa Paola di Mauro. Addio alla signora del vino italiano’ del 13.10.2015