IL CALBANESCO E LE CALBANE, UNA FAVOLA ROMAGNOLA
di VITALIANO MARCHI - 11 dicembre 2017
C’era una volta il Calbanesco della fattoria Le Calbane. C’era una volta, ma sopravvive ancora. Ogni pianta superstite di quell’ettaro piantumato nel 1972 a Ricò custodisce i ricordi di Maria Milandri e della vita passata insieme al compagno Cesare Raggi.
Cesare, l’autore di questa storia, oggi non c’è più, ma Le Calbane si, e con loro la madrina.
Maria Milandri, nel giorno del suo ottantunesimo compleanno, ci ha accolto con lo stesso sorriso con cui colorava, con i pattini a rotelle, le piazze di quell’Italia in bianco e nero compressa dalle due Guerre. Quando la testardaggine e i sogni erano più un lusso che un vezzo.
Una sera passata in compagnia di ricordi e ospitalità romagnola, accompagnati dalle testimonianze liquide di un vino che il tempo sta rischiando di estinguere.
La storia de Le Calbane nasce nel 1972, quando Cesare Raggi e Maria Milandri, avvolti in un gomitolo di passione, decidono di acquistare un piccolo podere a Ricò, a due passi da Meldola, nelle prima quinta collinare del forlivese. L’intenzione iniziale è quella di avere un nido dove rifugiarsi nel tempo libero, ma il fascino del paesaggio li convince a costruire qui quella che sarà la loro abitazione principale.
L’abitazione è corredata da una piccola vigna promiscua, che viene parzialmente rifatta e ampliata nello stesso anno del loro insediamento. La varietà scelta è il sangiovese. Siamo sui 200 metri di altitudine, l’esposizione è rivolta a est e i terreni sono di argille ocra.
Le prime vinificazioni regalano un vino tutt’altro che banale, ma soprattutto permettono di identificare nell’habitat di quel nuovo ettaro alcune piante con un profilo ampelografico e fenologico incompatibile con quello del sangiovese. Duemila piante di una varietà che rimane a lungo ignota, ma che dal 1975 Cesare Raggi sceglie di vinificare separatamente nelle vasche di cemento vetrificato che sono a dimora nella cantina dell’abitazione. E’ la nascita del Calbanesco.
Il vino ottiene sin dalle prime edizioni un riscontro positivo inaspettato, sia dalla critica, sia dalla ristorazione. Luigi Veronelli e Gianfranco Bolognesi, il patron de La Frasca, sostengono il progetto con grande entusiasmo e contribuiscono alla notorietà di quel rosso misterioso e di notevole personalità.
Nato quasi per caso, il Calbanesco - battezzato in quel modo in onore del luogo di provenienza – si insedia rapidamente nelle carte dei vini dei ristoranti più blasonati del Belpaese e sulle tavole istituzionali. Nel 1986 è il vino scelto per festeggiare la visita di Papa Giovanni Paolo II a Forlì.
Nonostante tutto la produzione resta sempre limitatissima, la vigna originale non viene mai ampliata e le bottiglie non superano le millecinquecento. Anche la burocrazia sembra volere arginare la diffusione di un vitigno di cui si sa così poco.
Quando nel 2012 l’esame del dna rivela che il vitigno da cui nasce il Calbanesco appartiene alla famiglia clonale del Montepulciano d’Abruzzo, Maria Milandri è già rimasta sola alla guida de Le Calbane e lo scorrere del tempo ha progressivamente affievolito la leggenda e la produzione di questo vino. Eppure il Calbanesco vive ancora. A prendersi cura delle piante superstiti, insieme a Maria Milandri, c’è da un paio di anni la giovane e talentosa Lisa Masini, a cui auguriamo di poter scrivere il seguito di questa romantica storia romagnola.
DI FILIPPO APOLLINARI E VITALIANO MARCHI
RECENSIONI DI VITALIANO MARCHI
Visto il contesto emotivo in cui si è svolta la degustazione abbiamo preferito tralasciare l'aspetto analitico (ovvero il punteggio) dei singoli assaggi. Tutti i vini hanno mostrato uno stato evolutivo sorprendente per l'età anagrafica e una grande capacità di resistere all'ossigeno. Se il peculiare carattere speziato (in particolare di liquirizia) si amplifica nelle annate più calde, la struttura è apparsa invece solida e polposa in tutte le versioni.