IL RODANO SETTENTRIONALE, DIARIO DI BORDO

IL RODANO SETTENTRIONALE, DIARIO DI BORDO
Questo diario è l’eredità individuale di un viaggio tra vigne e vignerons del Rodano Settentrionale. Un susseguirsi di diapositive e pensieri - riordinati ma non troppo - che ciascuno di noi ha stivato nella propria valigia al momento del ritorno, tra panni stropicciati e testimonianze liquide.
 
Un racconto corale - almeno questa volta - avrebbe violato la colorita eterogeneità della spedizione. Una ricchezza che è rimasta tale, con l’intimo manifesto di chi è partito con aspettative o paradigmi più nordici o di chi ha vissuto l’esperienza con un approccio più lucido e distaccato. O ancora di chi, spettatore paziente, tra quei paesaggi perentori, anfiteatri naturali, terrazze selvatiche e massicci inospitali, un pezzo di cuore ce lo ha lasciato. Spazio allora a tante voci monodiche, una dopo l’altra, a comporre il nostro diario di viaggio.
 
E se è vero che ogni luogo è depositario di un’anima, qui ne abbiamo trovato una selvatica, austera, che ci ha raccontato molto dei personaggi-vignerons che vivono queste vigne.
 
IL VIAGGIO E IL “BUGIARDINO”
Hai presente la migrazione delle rondini, la partenza intelligente, il dress-code per 4 giorni, dove tu credi che sei uomini si accontentino di prendere con sé l’essenziale...ecco, invece no: solo noi con 3 auto e due valigie a testa, come se avessimo scritto in fronte “basta, da oggi cambio vita”.
Così, armati fino ai denti, siamo partiti alla volta della nostra meta.
 
La Vallée du Rhône, con quasi 80 mila ettari vitati, è la seconda area vitivinicola più vasta di Francia, alle spalle della sola Bordeaux. Siamo nel sud-est del Paese, nella regione amministrativa conosciuta come Rhône-Alpes, lungo un asse che dalla città di Avignone sale fino a Vienne, a una trentina di chilometri da Lione. Il territorio produttivo è diviso in due distretti, Vallée du Rhône Nord (o Septentrionale) e Vallée du Rhône Sud (o Meridionale), che rappresentano le due anime distinte di questa zona. A separare questi due distretti una lingua di terra, scarsamente vitata, di una cinquantina di chilometri, che rimarcano una distanza scenografica ed enologica ancora prima di quella geografica. Se il distretto meridionale, con il proprio carattere mediterraneo e la pluralità di vitigni, tende la mano alla Provenza e strizza l’occhio a Bordeaux, quello settentrionale, con la tendenza al mono varietale e una maggiore severità espressiva, volge lo sguardo maggiormente alla Borgogna. L’area settentrionale – la nostra meta -  è composta da una decina di AOC comunali avvinghiate alle sponde del Rodano, nel tratto quasi longilineo tra le città di Valence e Vienne. Siamo nella patria elettiva della syrah (la varietà va rigorosamente declinata al femminile, mentre se si parla dei vini, secondo la regola veronelliana, è bene usare la lettera iniziale maiuscola).
 
Se risali il corso del Rodano dal mare, controcorrente come fanno i salmoni, congedandoti dall'idillio rurale che cinge la bella Avignone, e attraversi la natura selvaggia dell’Ardèche, l'approccio al paesaggio delle appellazioni settentrionali può essere deludente.
Ma la modestia delle altimetrie e l'apparente levigatezza dei clivi scompaiono quando, appropinquandosi, la distorsione ottica si ricompone e permette di valutare l'inclinazione dei pendii. Si dissolve repentinamente un atteggiamento di sufficienza e SUBENTRA UN SENTIMENTO DI RISPETTO NEI CONFRONTI DEGLI UOMINI CHE HANNO DOMINATO QUESTE ERTE.
 

HERMITAGE, L’AOC
L’AOC Hermitage, o nostalgicamente Ermitage (come riportano in etichetta le sezioni parcellari di Chapoutier), è il principale e più storico polo gravitazionale del Rodano Settentrionale. Un intero versante collinare di 136 ettari, esposto a pieno sud, raccolto in scenografiche vigne terrazzate che si sporgono sui sottostanti villaggi di Tain-L’Hermitage e Tournon-Sur-Rhône, rispettivamente sulla sponda sinistra e destra del Rodano. Siamo nel cuore del Rodano Settentrionale. L’altimetro dell’AOC spazia dai 130 m/slm della pianura fino ai 260 m/slm, oltre i quali si entra nella giurisdizione della più modesta e vasta AOC Crozes-Hermitage (1514 ha).
La geologia della collina su cui nasce l’Hermitage è segnata dallo scontro tra il Massiccio Centrale e le Alpi, un fenomeno a cui si deve l’alternanza di diverse tipologie di suolo. Sul versante ovest, dove si concentrano lieux-dits quali Hermite e Les Bessards, la matrice dei terreni presenta un’alta componente granitica; non è così nel settore centro-occidentale, in corrispondenza dei lieux-dits Le Méal e Les Greffieux, dove i suoli mostrano una natura chiaramente alluvionale; avvicinandosi al confine orientale, invece, attraverso i lieux-dits Les Beaumes, Les Rocoules e Les Murets, si alternano suoli più calcarei e argillosi.
Il clima è temperato, con il calore estivo mitigato dal Mistral che soffia dal centro della Francia ripulendo l’aria dalla foschia e dall’instabilità portata dai venti del sud. La piovosità è distribuita abbastanza costantemente nell’anno, con un range medio di 840-960 mm.
L’appellation permette la produzione di due sole tipologie di vino: Hermitage Blanc e Hermitage Rouge. L’Hermitage Blanc è tradizionalmente il risultato dell’assemblaggio di marsanne e roussanne, con la prima varietà che ha il compito di apportare la struttura e la seconda a cui si chiede più che altro un contributo in termini di profumi. Nonostante la lunga storia di questo blend, negli ultimi decenni il ruolo della roussanne si è fatto sempre più marginale, fino a scomparire in molte interpretazioni. Nell’Hermitage Rouge il protagonista assoluto è la syrah, sempre più spesso utilizzata in solitaria sebbene il legislatore preveda ancora la possibilità di un taglio con le due uve bianche locali fino ad un massimo del 15%. Gli Hermitage sono vini mascolini, sul fronte dei rossi quanto su quello dei bianchi, vini che necessitano di tempo per smussare i propri spigoli e rendere meno serioso il proprio approccio. Gli Hermitage Blanc mostrano un quadro olfattivo che si articola con il passare degli anni, evidenziando nelle varie fasi evolutive note di petali carnosi, mandorla fresca, pera Kaiser, mimosa, liquirizia e noce. Al palato sono sostenuti da una ricchezza alcolica e glicerica notevole, che rende il sorso avvolgente e soffice, prima di dissolversi in un finale asciutto e calorico. Gli Hermitage Rouge mostrano una palette olfattiva serrata, che con il tempo si arricchisce di piccoli frutti scuri, pepe nero, goudron, liquirizia e tartufo. Al palato mostrano una struttura tannica decisa e compressa, la cui chiave di volta è nel manico del produttore e nella pazienza dell’assaggiatore.
 
I LIEUX-DITS DELL’HERMITAGE (20): L'Hermite, Chante Alouette, L'Homme, La Croix, La Pierelle, Le Méal, Les Beaumes, Les Bessards, Les Doignières, Doignières et Torras, Les Grandes Vignes or Gros des Vignes, Les Greffieux, Les Murets, Les Rocoules, Les Vercandières, Maison Blanche, Plantieres, Péléat, Torras et les Garennes, Varogne.

*mappa pubblicata sul sito www.tenzingws.com - "The Hermitage Hill and all of it's lieux-dits”.

MAISON M.CHAPOUTIER – TAIN-L’ERMITAGE
Non la definirei proprio una visita commerciale, ma semplicemente la più istituzionale di tutte quelle fatte durante il nostro viaggio. Un tributo alla grandeur di Michel Chapoutier, questo dinamico ed ossessivo Napoleone del vino, che da Tain-l’Hermitage è riuscito a colonizzare talee in buona parte del pianeta (non solo Rodano, ma anche Roussillon, Australia, Portogallo e chissà dove….), per un totale di 350 ettari di proprietà e una produzione complessiva di 9 mln di bottiglie; un impero.
Ci riceve una piacevole signorina di origini orientali che, per essere un’addetta al servizio di ricevimento degli ospiti stranieri, non se la cava poi così male anche nelle nozioni più tecniche. La sintonia tra la dolce guida e il nostro (improvvisato ma assai efficace) traduttore Lucio Fossati conferiscono all’incontro un ritmo serrato e così, in pochi minuti, ci troviamo ai piedi del comprensorio dell’Hermitage.   
L’attenzione si concentra inevitabilmente sulle quattro selezioni parcellari che hanno reso celebre la maison: L’Ermite, dai 3 ettari di syrah nell’omonimo lieu-dit (Hermite), in un terreno granitico povero e sciolto, da cui nasce un vino elegante ed espressivo; Le Pavillion, dai 4 ettari nel lieu-dit Les Bessards, composto da un suolo conosciuto come “Gore” di granito rosa sgretolato e depositi sedimentari, da cui nasce un vino di densità e vigoria; Le Méal, da 2,2 ettari nell’omonimo lieu-dit, posto a mezza costa su ciottoli e argille, che origina un vino energico e dai toni scuri; Les Greffieux, dai 3,5 ettari nell’omonimo lieu-dit, su terreni alluvionali che un tempo ospitavano il Reno, da cui nasce un vino più accondiscendente. Quattro flaconi sartoriali, coccolati dalla biodinamica, che rendono merito al produttore con la più vasta proprietà (34 ettari) nella denominazione. Tra tutti gli assaggi effettuati il vino che ci ha conquistato all’unanimità è stato Le Méal 2015. Un campione da botte che ha mostrato profondità e qualità estrattiva, con qualche spigolo ancora (giustamente) da smussare, ma di sicuro e radioso avvenire. Le note dolenti a casa Chapoutier sono purtroppo i prezzi, che per le sezioni parcellari oggi richiedono portafogli pesanti.
 
BERNARD FAURIE – TOURNON SUR RHÔNE

Ci siamo congedati da Bernard Faurie con il rammarico di non essere riusciti a scavare più in profondità nello stato d’animo e nelle emozioni del nostro interlocutore, come intimidito dall’involontaria sfacciataggine del nostro desiderio di conoscenza. Eppure, per una strana forma gravitazionale, la sua reticenza non ha fatto altro che alimentare l’attrazione per questo vignaiolo, riservato e di buone maniere, autore di vini profondi e austeri, silenti in gioventù e magnetici con qualche anno di bottiglia. Classe 1949, Bernard ci ha accolti nella sua casa-cantina di Tournon Sur Rhône in un capriccioso pomeriggio estivo. Il plumbeo del cielo e l’argento dei suoi folti baffi hanno accentuato il contrasto con l’arancione vivo delle albicocche appena raccolte e stivate in ogni angolo disponibile. Oggi l’azienda Faurie, di cui Bernard incarna la quarta generazione, vinifica 1,7 ettari nell’AOC Hermitage (90% a syrah e 10% a marsanne) e 3.500 mq a Saint Joseph, da cui ricava una manciata di bottiglie etichettate come Vin de France. Una buona parte delle vigne che possedeva a Saint Joseph sono state cedute alla figlia, impegnata per il momento nel domaine del marito Emmanuel Darnaud. Le vigne nella AOC Hermitage sono distribuite nei lieux-dits Les Greffieux, Les Bessards e Le Méal, le cui uve sono intrecciate nelle varie cuvée che Bernard produce. Nel millesimo 2015 le versioni di Hermitage Rouge imbottigliate sono state 4: “Greffieux/Bessards”, “Bessards/Méal”, “Assemblage GBM” (da tutti i tre lieux-dits) e una selezione parcellare dal Les Bessards. A queste si è aggiunto l’Hermitage Blanc, tradizionalmente prodotto da sole uve marsanne, vinificato in pièces e maturato nello stesso legno per 7/8 mesi senza lo svolgimento della malolattica. Le vinificazioni dei rossi sono altrettanto semplici: syrah in purezza; vinificazione senza inoculo e a grappolo intero in tini di legno da 20 a 35 hl; pigiatura con i piedi; contatto con le bucce per 18 giorni, durante i quali si svolgono follature periodiche; maturazione in demi-muid da 600 litri per un periodo che può variare dai 16 ai 24 mesi. L’acquisto di uno o due contenitori all’anno garantisce una percentuale di legno nuovo inferiore al 15%. Tra tutti gli assaggi eseguiti in cantina il ricordo più cristallino è per l’Hermitage Blanc, un bianco cristallino e asciutto, e per il Les Bessards, colonna portante della struttura degli Hermitage più mascolini e severi, con un tannino di spessore che chiude maturo e senza sbavature.
 
UN PRODUTTORE CHE NON ABBIAMO VISITATO MA A CUI LA DENOMINAZIONE DEVE MOLTO:  PAUL JABOULET AINÉ E LA CHAPELLE
Con un patrimonio di 25 ettari vitati (21 in rosso e 4 in bianco), la maison Jaboulet rappresenta la seconda realtà più vasta nella AOC Hermitage alle spalle di Chapoutier. Si tratta di una maison che nel corso della storia ha legato indissolubilmente il proprio nome a questa collina e lo ha fatto per merito de La Chapelle, una cuvée ricavata da vecchie viti di syrah poste in alcuni dei migliori lieux-dits della AOC (Le Méal, Les Bessards, Les Greffieux, Rocoules e Doignières et Torras). Il nome della cuvée deriva dalla cappella, oggi intitolata a Saint Cristophe, che la leggenda narra sia stata costruita nel 1235 dal crociato Gaspard de Stérimberg che, dopo essere stato ferito in battaglia, si ritirò a vita solitaria proprio su questa collina. La Cappella appartiene alla maison Jaboulet dal 1919. Queste le annate storiche de La Chapelle secondo Jancis Robinson (in ordine di gradimento): 1961, 1990, 1972, 1982, 1964. Oggi, dopo alcune edizioni non all’altezza del blasone, sotto la guida enologica di Caroline Frey l’azienda sta cercando di riportare La Chapelle ai vertici mondiali.


CÔTE RÔTIE, L’AOC
La Côte Rôtie ti sorprende all’improvviso. Quando ti lasci alle spalle Vienne, viaggiando in direzione sud sulla route nationale 86, i suoi vertiginosi declivi terrazzati ti affiancano e ti scortano per una sestina di chilometri attraverso i tre comuni che si contendono i 276 ettari vitati dell’AOC: Saint-Cyr-sur-le-Rhône, Ampuis, Tupin-et-Semons. Un versante collinare più compresso e di minore profondità rispetto alla collina di Hermitage, con un delta altimetrico che dai 130 m/slm si arrampica fino ai 320 m/slm, e con pendenze che raggiungono non di rado il 60%.
La complessa legenda geologica di questo segmento del Massiccio Centrale registra la convivenza di una decina di formazioni differenti, dominate da tre diverse tipologie di rocce metamorfiche: Micascisti, Leucogneiss e Migmatiti. I Micascisti interessano prevalentemente l’area di Saint-Cyr-sur-le-Rhône e il settore nord e centrale di Ampuis; il Leucogneiss occupa il settore sud di Ampuis e il settore nord e centrale di Tupin; i Migmatiti dominano il settore sud di Tupin. Una mappa articolata, semplificata (per non dire mortificata) nell’aneddotica “parkeriana” in due macro-settori: la Côte Blonde (a sud), genitrice di vini più eleganti, e la Côte Brune (a nord), responsabile di vini più strutturati. Una generalizzazione che se da un lato rende omaggio a due vigne di grande valore (Côte Blonde e Côte Brune), dall’altro banalizza uno scacchiere di 73 lieux-dits ufficiali previsti nella AOC.
Quello della Côte Rotie (letteralmente costa arrostita) è un clima temperato, con una media annuale di 11°C e una piovosità di 800mm distribuita regolarmente tra i dodici mesi dell’anno. Le estati calde e l’esposizione a sud-est della costa avvalorano il nome dell’appellation.
L’AOC consente la produzione di una sola tipologia di vino, rosso, ottenuto con una percentuale minima di syrah dell’80% e un possibile saldo di viognier fino al 20%. Una concessione del legislatore che tuttavia non trova riscontro nella realtà, che vede la maggior parte dei vini prodotti con syrah in purezza o con una percentuale di uve bianche inferiore al 5%. Lo stile dei vini della Cote Rotie, al netto dei lieux-dits di provenienza e della “mano” del produttore, risulta più verticale e “nordico” rispetto all’Hermitage, di cui ne condivide l’austerità giovanile e la lentezza nella stratificazione dei profumi. La maggior gentilezza dei tannini non inficia la grande longevità di questi vini.

LA MAPPA DEI VIGNETI E DEI LIEUX-DITS DELLA CÔTE RÔTIE E' SCARICABILE QUI

DOMAINE ROSTAING – AMPUIS

Un gentiluomo, con il ghigno alla francese, risoluto e moderato. René Rostaing ci ha tenuto compagnia per una mattinata intera, sempre con il sorriso sulle labbra e un buon senso disarmante. Una lunga chiacchierata durante la quale René ha sfatato molti luoghi comuni sul leggendario Syrah di queste zone, distruggendo in un solo battito di ciglia il primato dei vecchi vigneti sui giovani.
E quando la troupe incalza chiedendogli se La Côte Blonde, con i suoi ricchi terreni “micascistosi” altamente  disgregati, dona ai vini profumi leggeri e suadenti, mentre La Côte Brune, con terreni più ferrosi e compatti, dona ai vini un timbro olfattivo più greve e una maggior longevità, lui non si nasconde:“può essere vero, ma di certo questi terreni non sono divisi in due zone da Nord a Sud nella denominazione così come schematicamente sancito da Robert Parker solo per compiacere il pragmatismo americano”.
Una schiettezza senza spocchia, ma intrisa di sicurezze maturate in una lunghissima militanza.
René vinifica dal 1971. Oggi possiede 10 ettari nell’AOC Côte Rôtie, 1 ettaro a Condrieu e 12 in Languedoc, per un totale di 100.000 bottiglie prodotte annualmente.
Dai 10 ettari in Côte Rôtie produce due selezioni parcellari, Landonne e Côte Blonde – dagli omonimi lieux-dits - e una cuvée, Ampodium, frutto dell’assemblaggio di uve provenienti da 13 liux-dits differenti del comune di Ampuis. Tutte le espressioni della Côte Rôtie sono vinificate a grappolo intero in rotomaceratori orizzontali. Nella Côte Blonde utilizza un 2% di viognier, mentre le altre due cuvée sono 100% syrah. Dopo la macerazione, che si protrae per circa tre settimane, il vino viene travasato in legno, pièces borgognone e demi-muid. I legni, di media tostatura, vengono riutilizzati anche 12/13 anni, mentre la percentuale di legno nuovo non supera ma il 10%. Come nelle sue parole anche nei suoi vini convivono classicità ed eleganza, tradizione e innovazione. Landonne 2015, tra tutti gli assaggi svolti dai legni, è un vino che ha segnato parecchi di noi.
 
JEAN MICHEL STEPHAN – TUPIN ET SEMONS

Si alza la serranda del garage-cantina e inizia lo spettacolo. Sguardo smaliziato e fisico tamugno, Jean-Michel Stéphan impone la propria personalità fin dalla vigorosa stretta di mano. Archiviati i convenevoli, ci guida tra i filari delle vigne dietro casa, ma la risalita della Côte termina non appena si accorge che il gruppo arranca e non tiene il suo passo disinvolto. Così, a poche decine di metri dalla pianura, con il gruppo ricompattato, inizia il racconto dei terreni e delle geografie rodaniane. E’ un racconto che chiarisce non pochi dubbi sulla complessità geologica del comprensorio e introduce il suo personale approccio agronomico.
Al ritorno in cantina, non ci vuole molto a capire che questa piccola azienda di Tupin - in possesso di 5 ettari scarsi nella Côte Rôtie per meno di 20.000 bottiglie prodotte all’anno - è una roccaforte del “movimento naturale”.
Jean Michel, classe 1971, ha fondato questa azienda nel 1991, imbottigliando il suo primo vino nel 1994. Dopo alcuni passi intermedi, a partire dal 1997 ha scelto di produrre tutti i suoi vini senza aggiunta di anidride solforosa. Le vinificazioni, ripercorrendo la scuola del Beaujolais, si svolgono in contenitori di acciaio saturati di Co2, con uve a grappolo intero e una temperatura iniziale di sette gradi. I Côte Rôtie prodotti attualmente sono quattro, due cuvée e due selezioni parcellari. 
Il Côte Rôtie “Cuvée Naturale”, prodotto per la prima volta nel 1996, proviene da due ettari suddivisi in quattro lieux-dits: Verenay (micascisti), Tupin (Leucogeniss), Les bercheries (Leucogneiss), Côteaux de Bassenon (Migmatiti). E’ un assemblaggio di 90% syrah e 10% viognier, con vigne di età compresa tra i 15 e i 40 anni; élevage in acciaio.
Il “So’Brune”, all’esordio nel 2015, proviene da vigne con terreni esclusivamente “micascistosi”, in cui sono a dimora syrah (80%) e viognier (20%). Matura in pièces per 12 mesi.
Le due selezioni parcellari sono il “Côteaux de Bassenon” e il “Côteaux du Tupin”, dal sud della AOC, rispettivamente prodotti per la prima volta nel 2006 e nel 2000. Entrambi maturano in legno per 24 mesi. Lo stile dei vini, marcato in fase giovanile dalle scelte di vinificazione, è impostato sulla leggerezza e sull’espressività del frutto. Solo con il passare dei mesi in vetro, mentre il contributo della tecnica si assopisce, il territorio prende finalmente il sopravvento. Il nostro vino del cuore è stato il “Côteaux du Tupin” 2014.
 
STEPHANE OGIER - AMPUIS
A fare gli onori di casa è stato direttamente Stephane Ogier, che ci ha guidato, nella cantina di recente costruzione, in un’istruttiva sessione di assaggi dai legni delle numerose parcelle vinificate. Si tratta di un’azienda strutturata, che oltre ai quasi venti ettari di proprietà, di cui 10 nella Cote Rotie, acquista uve per una produzione complessiva che rasenta le 300.000 bottiglie. Lo stile dei vini è all’insegna dell’ordine e della precisione. Poco spazio per l’imprevisto e per i “Coups de Coeur”.
 
DUCLAUX – TUPIN ET SEMONS
Azienda familiare, condotta dai fratelli Benjamin e David Duclaux. Prima annata imbottigliata 1976. Sei ettari di vigne di proprietà in Côte Rôtie, a cui si aggiungono uve acquistate nel Condrieu per la produzione di un Viognier. Generalmente i vini a base di syrah sono ottenuti da vinificazioni con un 20% di raspi.
 
CORNAS, L’AOC
Dalla Côte Rôtie, l’appellation più settentrionale della Vallée du Rhone, eccoci nel Cornas. Un viaggio di una settantina di chilometri verso sud, attraverso il quale ci siamo lasciati alle spalle anche la vicina collina di Hermitage. La superficie dell’AOC Cornas misura 140 ettari (131 in produzione), interamente compresi nell’omonimo comune di 2300 anime. Le vigne riposano su un suolo poco profondo, poggiato, ancora una volta, sulle pareti di roccia granitica (“gore”) del Massiccio Centrale. Non mancano marginali inserti di marne, loess e calcare. La minore pendenza dei declivi di questa AOC e la maggiore profondità del versante vitato, posto alla destra del Rodano, regalano un paesaggio di più ampio respiro rispetto ai bruschi crinali dell’Hermitage e della Côte Rôtie. Questo nonostante il delta altimetrico si spinga dai 130 m/slm della pianura fino ai 400 m/slm. Osservandola dall’alto, la zona di produzione del Cornas (dal celtico terra bruciata) appare come una sorta di anfiteatro, con esposizione sud e sud-est, in cui si condensano correnti più calde e a cui si deve una maturazione leggermente anticipata rispetto alle altre appellations del distretto.
L’AOC Cornas prevede la produzione di un solo vino e la coltivazione di una sola varietà: la syrah.  Anche se le prime notizie scritte sul vino prodotto in questo territorio risalgono al 1643, la viticoltura è presente in questi luoghi almeno dai tempi dei Romani. Il vino che nasce nel Cornas è un vino virile, quasi ruvido nei primi anni di vita, durante i quali propone un naso polveroso e poco espressivo. Con il passare del tempo si arricchisce di note più magnetiche e di una mineralità spiccatamente “affumicata”, mantenendo tuttavia una severità di fondo che lo rende il vino più cerebrale del distretto. Fra i lieux-dits più famosi c’è Reynard, da cui provengono Syrah speziati e polposi; Geynale, da cui provengono Syrah floreali e fruttati; Chaillot, che dà vini carnosi e solari; Tezier e Patou, che spesso regalano rossi emblematici e caratteriali.


 * mappa ricavata dal sito de La Revue du Vin de France

DOMAINE AUGUSTE CLAPE – CORNAS

Sotto gli occhiali uno sguardo affettuoso. Una camicia di flanella sgualcita e larghi pantaloni che cadono informi sulle scarpe sporche di vigna. Pierre Clape e la sua voce pacata ci scortano in una delle visite più attese del viaggio. Ci riceve insieme al giovane figlio Olivier, ricordando la prima vendemmia del padre Auguste e riportando le sue parole: “Avremmo guadagnato più soldi con il blé (grano) che con le viti”. Era il 1949, lo stesso anno in cui Auguste conseguì un diploma in agricoltura “con l’intento preciso di sviluppare l’azienda della moglie”. L’obiettivo è stato centrato. Oggi Pierre è uno dei più rinomati produttori del Cornas, erede di una tradizione che conta 250 anni di precedenti vitivinicoli. La prima vendemmia imbottigliata risale al 1955.
Nella AOC Cornas i Clape possiedono 5,5 ettari vitati, di cui 1,4 nel noto “cru” Reynard (1ha di vieilles vignes, con età compresa tra i 40 e gli 80 anni, e 0,4ha di vigne giovani). La produzione che ne scaturisce si attesta sulle 24.000 bottiglie, a cui si aggiungono quelle ottenute dai restanti 3 ettari vitati di proprietà (1ha nell’AOC Saint-Péray, per un bianco a base di marsanne e roussanne, 1ha nell’AOC Cotes du Rhone e 1ha rivendicato come “Vin de Pays”). 7,5 ettari di syrah e 1 ettaro di uve bianche. La vinificazione dei rossi si svolge a grappolo intero in contenitori di cemento, con una lieve pigiatura a cui si deve una quota (circa il 10%) di acini interi. La maturazione avviene in legni di origine alsaziana di dimensioni comprese tra i 600lt. e i 1800lt. Non si usano legni nuovi in cantina, ma che abbiano come minimo tre anni. I legni più vecchi hanno sessant’anni.
I Syrah prodotti sono quattro: Un “Vin de Pays”, un Cotes du Rhone, il Cornas “Renaissance” e il Cornas senza ulteriore specializzazione. Entrambi i Cornas sono cuvée di più parcelle, con il “Renaissance” che svolge il ruolo del secondo vino, convogliando al proprio interno le micro-vinificazioni di parcelle più giovani o dalle esposizioni meno felici. L’affinamento medio si aggira sui 22 mesi per il “Renaissance” e 25 mesi per il Cornas. La qualità degli assaggi svolti è stata notevole, dai legni e dal vetro. Il ricordo più felice è per la botte contenente il succo delle “vecchie vigne” del Reynard, millesimo 2016. Un vino salato, denso ma non concentrato, con aromi di mora matura e rifiniture minerali. Sarà la spina dorsale del Cornas.
 
FRANCK BALTHAZAR – CORNAS

Corporatura da boxeur, categoria welter, tutto nervo, e un’essenzialità espositiva che si ritrova in parte anche nella sua gamma enoica. Franck Balthazar è un giovane vignaiolo che ha tutta l’aria di aver smesso molto presto di credere nelle favole. Dal 2002 è alla guida dell’azienda fondata a Cornas dal nonno Casimir. Un passo alla volta ha radunato 4 ettari vitati, tutti nell’AOC Cornas, fatta eccezione per 3.000 metri quadrati di roussanne nell’AOC Saint-Péray (75ha ettari complessivi), da cui produce una spicciolata di “bottiglie” del solo vino bianco aziendale. La tiratura annuale si attesta sulle 15.000 bottiglie, tutte rispondenti allo standard “Ecocert”. A un approccio vitivinicolo biologico si aggiunge in cantina un uso omeopatico di anidride solforosa, bannata totalmente dalla produzione di una delle tre versioni di Cornas firmate Balthazar (“Sans soufre ajouté" – 2.000 bottiglie). A questa cuvée si affiancano il Cornas “Cuvée Casimir Balthazar”, dedicato al fondatore, e la selezione parcellare proveniente dal “cru” Chaillot”. Le uve syrah sono vinificate a grappolo intero in contenitori di cemento, dove la fermentazione si svolge senza inoculo e con il supporto di un “pied de cuve” per la selezione parcellare Chaillot. La malolattica segue a stretto giro la fermentazione alcolica. L’affinamento si svolge in demi-muid che vanno dal sesto al venticinquesimo anno di età. La sosta è di 14 mesi per la “Cuvée Casimir Balthazar” e 18 mesi per il “Chaillot”. Questi due Cornas subiscono un solo travaso al termine della malolattica, mentre la versione “no SO2” non subisce alcun travaso e viene imbottigliata dalle singole botti. Tra tutti gli assaggi svolti in cantina spendiamo volentieri una parola per il “Chaillot” 16 - ancora in legno - che esprime egregiamente il carattere carnoso e incisivo del lieu-dit di provenienza.
 
SAINT JOSEPH, L’AOC
E’ l’AOC più dispersiva del Rodano Settentrionale. Una lingua di terra lunga 65 km che unisce, sulla sponda destra del fiume, le AOC Condrieu (a nord, con la quale si sovrappone parzialmente) e Cornas (a sud).
Riconosciuta dall’INAO nel 1956, nel corso dei decenni si è progressivamente dilata, passando dai 90 ettari vitati originali fino agli attuali 1231. Nonostante questo, il cuore simbolico della denominazione rimane il segmento compreso tra i villaggi di Tournon-sur-Rhône e Mauves. La complessità delle scenografie e delle geologie sono proporzionali alla vastità dell’AOC; tuttavia la quota maggioritaria dei vigneti si trova su ampie e irregolari terrazze che disegnano un fronte del Massiccio Centrale di buona ariosità. Le altitudini variano dai 130 ai 450 m/slm, mentre i suoli alternano alle tradizionali formazioni granitiche inserti di Gneiss, nel settore settentrionale, e Loess, nel settore meridionale. Il clima è temperato, con qualche influenza più mediterranea verso sud.
Il legislatore prevede la possibilità di produrre due tipologie di vino: il Saint-Joseph Blanc (circa il 10% della produzione complessiva), con uve marsanne e/o roussanne, e il Saint-Joseph Rouge, minimo 90% di uve syrah e un possibile contributo fino al 10% di uve bianche.
Definire i Syrah di Saint-Joseph è un esercizio di stile particolarmente complesso. La dimensione dell’AOC pone di fronte a molteplici variabili che possono influenzare il risultato finale, questo al netto della mano del vignaiolo. Eppure nel corso del nostro viaggio, fuori e dentro le cantine, abbiamo ravvisato che i vini provenienti dalla mezza costa, sui suoli granitici, mostrano una maggiore finezza e stratificazione. Mentre i vini che provengono dalle zone più basse – dove non mancano suoli alluvionali – si offrono con maggiore semplicità.
 
DOMAINE GONON – MAUVES

La cantina dei fratelli Gonon si sviluppa sotto il cardo di Mauves. La scarsa profondità, condizionata dal rischio di infiltrazioni dall’adiacente letto del Rodano, è compensata da un’umidità viscosa. Qui ci ha condotti Pierre, dopo averci accolto con occhi cordialmente timidi e prossemica rassicurante, mentre Jean, in un altro vano ipogeo, intrattiene un gruppo di americani a forte densità femminile. Nella prima parte di assaggi, eseguita dai legni, Pierre ci sgrana una serie di vinificazioni parcellari che palesano una mano sicura ed una sensibilità orientata a privilegiare la profondità sull'ampiezza e a perseguire la leggerezza della materia. La seconda parte di assaggi, dalle bottiglie, testimonia la sopraffina abilità dell’assemblaggio. Quella dei Gonon è una lunga tradizione familiare. La prima bottiglia prodotta risale alla vendemmia del 1964, si trattava di un bianco. Oggi l’azienda conduce dieci ettari vitati, di cui uno in affitto: due sono coltivati a marsanne e roussanne e otto a syrah. La produzione complessiva è di 50.000 bottiglie all’anno. I vini prodotti sono tre: un Saint-Joseph Blanc, un Saint-Joseph Rouge e un Ardèche IGP (syrah). Il Saint-Joseph Blanc è ottenuto dall'assemblaggio delle due varietà locali, coltivate in diverse parcelle poste su Loess e graniti. La differenza di suoli e di altitudini impone differenti tempi di vendemmia. Per entrambe le masse le due varietà vengono pressate separatamente ma vinificate insieme in pièces. L’assemblaggio tra le due “basi” avviene prima dell’imbottigliamento; il blend finale prevede di solito un 80% di marsanne e un 20% di roussanne. Le uve del Saint-Joseph Rouge, così come quelle dell’Ardèche IGP, per la vinificazione si contendono contenitori di cemento, tini tronco conici di rovere o acciaio. La percentuale di raspo varia sensibilmente a seconda del millesimo, anche se per l’Ardèche si attesta in media sul 20% e sul Saint-Joseph raggiunge spesso l’80-90%. L’élevage si protrae per 12/14 mesi in demi-muid (600 lt.) che hanno dai 3 ai 50 anni. L’Ardèche proviene da suoli alluvionali vicino al fiume, mentre il Saint-Joseph proviene da diverse parcelle sulla costa, con impianti che risalgono anche al 1920. Tutte le fermentazioni sono naturali. L’azienda è certificata “bio” dal 2010. L’intera gamma ci ha conquistati all’unanimità.

Portatori sani di suggestioni (Enocoders in viaggio): Filippo Apollinari, Lucio Fossati, Stefano Zaghini, Ofelia Bartolucci.
Il traduttore: Simone De Lucia
Gli Amici: Francesco Collina, Valter Rocchi


_________________________________________________________________________________________________________

"Off" - IL NOSTRO RODANO DIETRO LE QUINTE

Una cosa che potevamo evitare di fare e che abbiamo invece amato fare: 
Martoriare i vignerons con domande specifiche, ben oltre l’intimità dei protocolli di vinificazione aziendale, con una modalità da interrogatorio poliziesco, tanto da mandare in cortocircuito il traduttore, risultare a tratti antipatici e sobillare nella mente degli altri visitatori, presenti alle degustazioni, che stessimo cercando un colpevole o l’assassino. 
 
Un’ immagine che non vi mostreremo:
Dal ristorante due stelle Michelin al parcheggio del Carrefour con un panino in mano. Qualcuno ha ammesso di aver preferito il panino alla cena bistellata……perché le stelle di Francia - a differenza dell’Italia – talvolta sono parecchio generose!
 
Frutti che resteranno imperituri nella nostra memoria  :
Le albicocche di monsieur Bernard Faurie al momento del raccolto.

Un bistrot affidabile fuori dalle rotte più battute :
LA RUCHE - 13 Quai Dr Jules Bouvat, 07130 Saint-Péray, Francia
www.laruche-saintperay.com

I vignerons incontrati :
Jean-Michel Stéphan |vin nature (Tupin et Semons) -  Benjamin e David Duclaux (Tupin et Semons) www.coterotie-duclaux.com - René Rostaing | Domaine Rostaing (Ampuis) www.domainerostaing.com - Stephane Ogier (Ampuis) www.stephaneogier.fr - Pierre Clape | Domaine Clape (Cornas) -  Franck Balthazar (Cornas) -  M. Chapoutier (Tain-l’Hermitage) www.chapoutier.com - Bernard Faurie (Tournon Sur Rhône) -  Domaine Gonon (Mauves)

SUPPORTO BIBLIOGRAFICO ALL’ESPERIENZA IN LOCO:
 
“Atlante mondiale dei vini” di Hugh Johnson e Jancis Robinson. Mondadori Editore
“Cornas - Le petit arpent du Bon Dieu” di Hélène de Montgolfier & Franck Jules. Au Fil Du Rhone
"Le Guide Des Meilleurs Vins de France". www.larvf.com
“The Hermitage Hill and all of it's lieux-dits”. www.tenzingws.com
“Hermitage La Chapelle - the rise and fall of a great wine”. www.jancisrobinson.com
“Cote Rotie, Finesse & Elégance d’un Cru des Côtes du Rhone”. www.cote-rotie.com
www.aoc-saint-joseph.fr
www.cornas.fr
http://www.inao.gouv.fr