LES AMOUREUSES, L'AMPIEZZA E LA PROFONDITÀ RIVELATA
di LUCIO FOSSATI - 23 aprile 2018
Certo che è puro cazzeggio, certo che non si possono VIVISEZIONARE LE SENSAZIONI né, come diceva uno spot di qualche anno fa, si possono INTERROMPERE LE EMOZIONI; tuttavia si può RAGIONARE DI PERCEZIONI.
Di recente una serata conviviale stava volgendo al termine quando UN DUBBIO ha iniziato a tintinnare flebile ed acuto nel silenzio delle bottiglie vuote e dei calici lagrimanti. Svanita L'ESTASI, ci siamo giocati la risorsa linguaggio nel tentativo di dare un nome a quel dubbio e di custodire qualche scintilla di quel fuoco ormai estinto. Dopo aver condiviso eccezionalità ed emozioni di tre bottiglie quasi mai meno che entusiasmanti - quali sono il Trebbiano d’Abruzzo di Valentini, il Les Amoureuses di Joseph Drouhin e Chateau Latour - era appunto giunto il tempo dell'indecifrabile che accende le passioni. Vi era infatti un balbettio, una TREMULA PERCEZIONE TATTILE nel "LES AMOUREUSES" (il sommo 1er cru di Chambolle-Musigny) che sopravviveva alla progressione del CHATEAU LATOUR (1er Grand Cru Classé à Pauillac).
Poteva essere l'armatura dei POLIALCOLI del borgognone a permetterne l'ultimo fiato? Difficile immaginare un Pinot Nero della costa d’oro gareggiare in questa categoria con un taglio bordolese.
Poteva essere la PROIEZIONE ALCOLICA? Inverosimile, giacché i volumi alcolici sono pressoché i medesimi.
Poteva essere la SPINA ACIDA? Improbabile, nel mistero del suo fascino non spiccano acidità marcate (pH che gioca sul decimale con la stessa annata del Pauillac).
E quindi? Accendiamo: Tempesta magnetica di sapori che mette fuori uso i nostri organi recettori? Può essere. Infatti se qualcuno mi avesse chiesto precedentemente di fornirgli qualche impressione su "LES AMOUREUSES", sintetizzando le rare ma pregnanti esperienze, avrei parlato di COMPLESSITÀ AROMATICA, di TRASCENDENZA AEREA di MATERIA CRISTALLINA e, piroettando sull'ineffabile, di SOVERCHIANTE BELLEZZA MULIEBRE. Avrei poi cercato di dipingere uno sfarfallio di scie sapide sottili ed intrecciate, che zampillano dai piccoli frutti rossi e neri, rimbalzano sui petali rosa, scheggiano pietre di selce e grafite e lambiscono incenso e ambra. Un vino ancora più difficile da fotografare - semmai ciò fosse possibile - perché CANGIANTE, VARIOPINTO e ARMONIOSAMENTE ESPRESSIVO, ma sempre caratterizzato da nitore, eleganza e luminosità. Forzando accostamenti ad altri campi del sensibile, attingerei a certi ACQUERELLI GIOVANILI DI TURNER, o agli esempi più leggiadri delle VETRATE DI ALPHONSE MUCHA o "L'AMOROSO" DI VIVALDI, soprattutto nell'allegro, od ancora ad un FILM DI TERRENCE MALICK. È UNA BELLEZZA CHE SI ANNUNCIA MA SI SOTTRAE, CHE DILAZIONA L'INCONTRO, CHE TI CATTURA NELLE SFUMATURE DEI PROFUMI, NEI CROMATISMI CHE SVILUPPANO IL TEMA PRINCIPALE E NEL PURO INCANTO DEL PIGMENTO NUDO. Possono concorrere a definire questo rosso di Borgogna due aforismi mediamente abusati di Gotthold Lessing: "L'ATTESA DEL PIACERE È ESSA STESSA PIACERE" e "LA GRAZIA È BELLEZZA IN MOVIMENTO"
Quando hai la fortuna di berlo, l'attenzione, disorientata da tanta grazia, s'immola al flusso. Purtroppo come tutte le altre felicità della vita, anche questa sembra consumarsi in un battito d'ali, SEMBRA INDULGERE PIÙ IN AMPIEZZA CHE NON IN PROFONDITÀ.
SEMBRA, perché in questa ultima bevuta LA PERSISTENZA FILIFORME MA INSCALFIBILE di un LES AMOUREUSES 2015 di JOSEPH DROHUIN, è sbucata alla fine della mirabile progressività polposa di un CHATEAU LATOUR 2002. Certamente il borgognone era un’ensemble barocca che, come già detto, eseguiva Vivaldi, mentre il bordolese un orchestra sinfonica che suonava Beethoven, ma a fine sinfonia echeggiava ancora l'oboe del compositore veneziano.
Certamente bisogna considerare annate ed anzianità, eppure gli indizi a favore della profondità mimetizzata dei “Les Amoureuses” sono altri. Ci possiamo aggiungere che ARMANDO CASTAGNO ricorda nella sua enciclopedia dedicata alla Cote d'Or la consuetudine di alcuni vignerons di fare assaggiare LES AMOUREUSES anche dopo il “conteso” GRAND CRU BONNES MARES. Ma più di questo serbo ancora vividamente le REMINESCENZE AROMATICHE DEL SUBLIME LES AMOUREUSES DI FREDERIC MUGNIER CHE PERSISTEVANO OLTRE LA SETA DEL SUO MUSIGNY. La sensazione che può scaturire solo dalla contemporaneità di bevuta con altri vini complessi come il MUSIGNY di FREDERIC MUGNIER, e tra questi vi è di certo CHATEAU LATOUR, è che il tannino si nasconda un po’ nei fuochi d'artificio dei sapori, ma sia comunque lunghissimo. E spingendosi oltre penserei che il tannino in alcuni luoghi eletti, è un vaporizzatore di sapore, agisce cioè all' interno del cavo orale più per ESPANSIONE RADIALE che per PROGRESSIONE DI FLUSSO CONICO. Ribadisco sensazione, magari quel residuo tattile è dovuto all' "untuosità" di polialcoli particolarmente raffinati.
VOI CHE NE PENSATE?
Di recente una serata conviviale stava volgendo al termine quando UN DUBBIO ha iniziato a tintinnare flebile ed acuto nel silenzio delle bottiglie vuote e dei calici lagrimanti. Svanita L'ESTASI, ci siamo giocati la risorsa linguaggio nel tentativo di dare un nome a quel dubbio e di custodire qualche scintilla di quel fuoco ormai estinto. Dopo aver condiviso eccezionalità ed emozioni di tre bottiglie quasi mai meno che entusiasmanti - quali sono il Trebbiano d’Abruzzo di Valentini, il Les Amoureuses di Joseph Drouhin e Chateau Latour - era appunto giunto il tempo dell'indecifrabile che accende le passioni. Vi era infatti un balbettio, una TREMULA PERCEZIONE TATTILE nel "LES AMOUREUSES" (il sommo 1er cru di Chambolle-Musigny) che sopravviveva alla progressione del CHATEAU LATOUR (1er Grand Cru Classé à Pauillac).
Poteva essere l'armatura dei POLIALCOLI del borgognone a permetterne l'ultimo fiato? Difficile immaginare un Pinot Nero della costa d’oro gareggiare in questa categoria con un taglio bordolese.
Poteva essere la PROIEZIONE ALCOLICA? Inverosimile, giacché i volumi alcolici sono pressoché i medesimi.
Poteva essere la SPINA ACIDA? Improbabile, nel mistero del suo fascino non spiccano acidità marcate (pH che gioca sul decimale con la stessa annata del Pauillac).
E quindi? Accendiamo: Tempesta magnetica di sapori che mette fuori uso i nostri organi recettori? Può essere. Infatti se qualcuno mi avesse chiesto precedentemente di fornirgli qualche impressione su "LES AMOUREUSES", sintetizzando le rare ma pregnanti esperienze, avrei parlato di COMPLESSITÀ AROMATICA, di TRASCENDENZA AEREA di MATERIA CRISTALLINA e, piroettando sull'ineffabile, di SOVERCHIANTE BELLEZZA MULIEBRE. Avrei poi cercato di dipingere uno sfarfallio di scie sapide sottili ed intrecciate, che zampillano dai piccoli frutti rossi e neri, rimbalzano sui petali rosa, scheggiano pietre di selce e grafite e lambiscono incenso e ambra. Un vino ancora più difficile da fotografare - semmai ciò fosse possibile - perché CANGIANTE, VARIOPINTO e ARMONIOSAMENTE ESPRESSIVO, ma sempre caratterizzato da nitore, eleganza e luminosità. Forzando accostamenti ad altri campi del sensibile, attingerei a certi ACQUERELLI GIOVANILI DI TURNER, o agli esempi più leggiadri delle VETRATE DI ALPHONSE MUCHA o "L'AMOROSO" DI VIVALDI, soprattutto nell'allegro, od ancora ad un FILM DI TERRENCE MALICK. È UNA BELLEZZA CHE SI ANNUNCIA MA SI SOTTRAE, CHE DILAZIONA L'INCONTRO, CHE TI CATTURA NELLE SFUMATURE DEI PROFUMI, NEI CROMATISMI CHE SVILUPPANO IL TEMA PRINCIPALE E NEL PURO INCANTO DEL PIGMENTO NUDO. Possono concorrere a definire questo rosso di Borgogna due aforismi mediamente abusati di Gotthold Lessing: "L'ATTESA DEL PIACERE È ESSA STESSA PIACERE" e "LA GRAZIA È BELLEZZA IN MOVIMENTO"
Quando hai la fortuna di berlo, l'attenzione, disorientata da tanta grazia, s'immola al flusso. Purtroppo come tutte le altre felicità della vita, anche questa sembra consumarsi in un battito d'ali, SEMBRA INDULGERE PIÙ IN AMPIEZZA CHE NON IN PROFONDITÀ.
SEMBRA, perché in questa ultima bevuta LA PERSISTENZA FILIFORME MA INSCALFIBILE di un LES AMOUREUSES 2015 di JOSEPH DROHUIN, è sbucata alla fine della mirabile progressività polposa di un CHATEAU LATOUR 2002. Certamente il borgognone era un’ensemble barocca che, come già detto, eseguiva Vivaldi, mentre il bordolese un orchestra sinfonica che suonava Beethoven, ma a fine sinfonia echeggiava ancora l'oboe del compositore veneziano.
Certamente bisogna considerare annate ed anzianità, eppure gli indizi a favore della profondità mimetizzata dei “Les Amoureuses” sono altri. Ci possiamo aggiungere che ARMANDO CASTAGNO ricorda nella sua enciclopedia dedicata alla Cote d'Or la consuetudine di alcuni vignerons di fare assaggiare LES AMOUREUSES anche dopo il “conteso” GRAND CRU BONNES MARES. Ma più di questo serbo ancora vividamente le REMINESCENZE AROMATICHE DEL SUBLIME LES AMOUREUSES DI FREDERIC MUGNIER CHE PERSISTEVANO OLTRE LA SETA DEL SUO MUSIGNY. La sensazione che può scaturire solo dalla contemporaneità di bevuta con altri vini complessi come il MUSIGNY di FREDERIC MUGNIER, e tra questi vi è di certo CHATEAU LATOUR, è che il tannino si nasconda un po’ nei fuochi d'artificio dei sapori, ma sia comunque lunghissimo. E spingendosi oltre penserei che il tannino in alcuni luoghi eletti, è un vaporizzatore di sapore, agisce cioè all' interno del cavo orale più per ESPANSIONE RADIALE che per PROGRESSIONE DI FLUSSO CONICO. Ribadisco sensazione, magari quel residuo tattile è dovuto all' "untuosità" di polialcoli particolarmente raffinati.
VOI CHE NE PENSATE?