LOIRA, IL GIARDINO DI FRANCIA
di LUCIO FOSSATI - 26 aprile 2017
Si fa presto a dire LOIRA. Cinque lettere che occupano un quinto del territorio francese.
Ancora più veloce è la monosillaba della pronuncia originaria “lùàr”, che comprime oltre mille chilometri di fiume, dalle sorgenti sul Monte Gerbier De Jonc fino all'estuario atlantico a Nantes.
Varietà di condizioni pedoclimatiche, orografiche, ampelografiche ed enologiche che possono essere raccontate solo se si analizzano distintamente le sue 68 denominazioni (AOC), che troviamo schierate su quattro macro aree che dall’oceano Atlantico si spostano verso il centro della Francia: PAYS NANTAIS, ANJOU ET SAUMUROIS, TOURAINE e VIGNOBLE DU CENTRE.
Sono a dimora una dozzina di vitigni bianchi ed una dozzina di vitigni rossi, ma con un cannocchiale potremmo riconoscere due terzetti che si staccano dal plotone degli inseguitori:
chenin, melon de Bourgogne e sauvignon, che si contendono la leadership territoriale dei bianchi, e il breton (cabernet franc) a guidare in solitaria la triade completata da gamay e pinot nero sul fronte dei rossi.
Il MELON dà vita a quell'unicum che è il MUSCADET, una soluzione idroalcolica che marita felicemente la freschezza di una centrifuga di agrumi (con scorza) a una secchiata di Atlantico. D'altronde si produce attorno all'estuario, nella sezione più orientale dell’area conosciuta come Pays Nantais, su suoli sabbiosi, ricchi di minerali, arenarie, graniti e scisti.
Il SAUVIGNON (che non è ancora parolaccia anche se deliberiamo il fumus persecutionis per i vitigni internazionali) raggiunge i vertici espressivi nelle appellazioni di SANCERRE, POUILLY FUMÉ e POUILLY SUR LOIRE, all’estremità opposta della foce del fiume, in quella macro area conosciuta come Vignoble du Centre (o Centre-Loire). Qui dominano prevalentemente suoli argilloso-calcarei, ricchi di selce in prossimità del letto del fiume.
Ma non vi è dubbio che sia lo CHENIN il protagonista indiscusso nel cuore della regione. Un legame identitario, quello tra chenin e Loira, che va oltre la variopinta proposta di stili e territori che si possono incontrare nelle due macro aree di Anjou et Saumurois e Touraine. Se Anjou è contraddistinto da suoli scistosi di natura arenacea derivanti dal massiccio Armoricano, i suoli calcareo argillosi ricchi di selce del Saumurois e di Touraine sorgono su strati più o meno profondi di tufo (tuffeau). SAVENNIÈRES, QUARTS DE CHAUME, BONNEZEAUX, MONTLOUIS e VOUVRAY sono le Aoc sugli scudi, con lo chenin che si plasma fino a diventare - nella lapidaria e condivisibile definizione di Bettane e Dessauve - minerale e serrato a Savennières, grasso a Saumur, floreale e fruttato a Vouvray e Montlouis. Una varietà sempre sorretta da una vena di freschezza tracciante e saporita, che accende le versioni secche e spumanti ed esalta quelle dolci e botritizzate.
Quella di GAMAY e PINOT NERO, rispetto al dominio rossista del cabernet franc, è una tenue resistenza che si consolida solo nel settore più orientale della denominazione (Vignoble du Centre) e in Alvernia (Auvergne), l’avamposto più meridionale della regione a soli 150 chilometri in direzione ovest da Lione. Qui Il PINOT NOIR accetta di buon grado il ruolo di spalla a Sauvignon & Co. anche perché sa che non troppo distanti splendono i PINOT NOIR di Borgogna e Champagne.
DULCIS IN FUNDO il rosso più rappresentativo, il degno contraltare allo Chenin: il CABERNET FRANC, localmente detto anche Breton. Chi ha avuto la fortuna di bere qualche vecchia annata di CLOS ROUGEARD può avere l'ottica tarata per traguardare la sua luminosità all’interno della costellazione enologica. SAUMUR, SAUMUR-CHAMPIGNY, CHINON, ANJOU e TOURAINE offrono dei BRETON in purezza diversamente luminosi. Proprio due villaggi (a cui corrispondono altrettante Aoc) della Touraine hanno colonizzato da qualche anno almeno un ventricolo del mio cuore: BOURGUEIL e SAINT NICOLAS DE BOURGUEIL.
In principio fu un Bourgueil "NUIT D'IVRESSE" dei coniugi Breton, tracannato in un aperitivo a Bruxelles, a preludere contemporaneamente alla notte d'ebrezza e alla mia cotta per quel tipo di vini decisamente franc(hi). Certamente la malia fu amplificata dalla vinificazione “naturale” e dalla "VENDANGE ENTIERES" tanto in voga in loco. Una pratica, quest’ultima, che se da un lato apporta una vivace leggiadria, dall’altra rischia di limitare una riconducibilità territoriale.
Comunque sia in seguito fu un BOURGUEIL del domaine de la Lande 96 a dimostrarmi in souplesse come quella leggerezza potesse attraversare il tempo senza sfumare, anzi focalizzando con maggiore definizione il frutto in un flusso di sapore sottile e teso.
Che bello, pensai, un vino che mantiene un approccio scanzonato, autoironico ed iconoclasta anche nella terza età!
Il terzo indizio fu la prova: LE VIN D'UNE OREILLE 2010 di SEBASTIEN DAVID, vigneron allineato alla filosofia biodinamica a Saint Nicolas de Bourgueil. Trazione integrale dritto verso il cielo: essenza di bacche rosse e se possibile un livello di grazie ancora più aerea, sia per la presenza di sabbie e silicio nella parcella di provenienza, sia per la tradizionale leggerezza di stile in voga a Saint Nicolas.
La simpatia verso questi vini si è fortificata anche grazie a tre caratteristiche secondarie:
Fermo qui di seguito alcune impressioni sui vini di Bourgueil e Saint Nicolas de Bourgueil estrapolate durante la mia recente partecipazione a tre avamposti agguerriti del bio:
GRENIER ST JEAN ad ANGERS del circuito REINASSANCE DES APPELLATIONS, LA LEVEE DE LA LOIRE ad ANGERS, e LA DIVE BOUTEILLE a Saumur. Le prime note soBOURGUEIL E SAINT NICOLAS DE BOURGUEIL:
Ancora più veloce è la monosillaba della pronuncia originaria “lùàr”, che comprime oltre mille chilometri di fiume, dalle sorgenti sul Monte Gerbier De Jonc fino all'estuario atlantico a Nantes.
Varietà di condizioni pedoclimatiche, orografiche, ampelografiche ed enologiche che possono essere raccontate solo se si analizzano distintamente le sue 68 denominazioni (AOC), che troviamo schierate su quattro macro aree che dall’oceano Atlantico si spostano verso il centro della Francia: PAYS NANTAIS, ANJOU ET SAUMUROIS, TOURAINE e VIGNOBLE DU CENTRE.
Sono a dimora una dozzina di vitigni bianchi ed una dozzina di vitigni rossi, ma con un cannocchiale potremmo riconoscere due terzetti che si staccano dal plotone degli inseguitori:
chenin, melon de Bourgogne e sauvignon, che si contendono la leadership territoriale dei bianchi, e il breton (cabernet franc) a guidare in solitaria la triade completata da gamay e pinot nero sul fronte dei rossi.
Il MELON dà vita a quell'unicum che è il MUSCADET, una soluzione idroalcolica che marita felicemente la freschezza di una centrifuga di agrumi (con scorza) a una secchiata di Atlantico. D'altronde si produce attorno all'estuario, nella sezione più orientale dell’area conosciuta come Pays Nantais, su suoli sabbiosi, ricchi di minerali, arenarie, graniti e scisti.
Il SAUVIGNON (che non è ancora parolaccia anche se deliberiamo il fumus persecutionis per i vitigni internazionali) raggiunge i vertici espressivi nelle appellazioni di SANCERRE, POUILLY FUMÉ e POUILLY SUR LOIRE, all’estremità opposta della foce del fiume, in quella macro area conosciuta come Vignoble du Centre (o Centre-Loire). Qui dominano prevalentemente suoli argilloso-calcarei, ricchi di selce in prossimità del letto del fiume.
Ma non vi è dubbio che sia lo CHENIN il protagonista indiscusso nel cuore della regione. Un legame identitario, quello tra chenin e Loira, che va oltre la variopinta proposta di stili e territori che si possono incontrare nelle due macro aree di Anjou et Saumurois e Touraine. Se Anjou è contraddistinto da suoli scistosi di natura arenacea derivanti dal massiccio Armoricano, i suoli calcareo argillosi ricchi di selce del Saumurois e di Touraine sorgono su strati più o meno profondi di tufo (tuffeau). SAVENNIÈRES, QUARTS DE CHAUME, BONNEZEAUX, MONTLOUIS e VOUVRAY sono le Aoc sugli scudi, con lo chenin che si plasma fino a diventare - nella lapidaria e condivisibile definizione di Bettane e Dessauve - minerale e serrato a Savennières, grasso a Saumur, floreale e fruttato a Vouvray e Montlouis. Una varietà sempre sorretta da una vena di freschezza tracciante e saporita, che accende le versioni secche e spumanti ed esalta quelle dolci e botritizzate.
Quella di GAMAY e PINOT NERO, rispetto al dominio rossista del cabernet franc, è una tenue resistenza che si consolida solo nel settore più orientale della denominazione (Vignoble du Centre) e in Alvernia (Auvergne), l’avamposto più meridionale della regione a soli 150 chilometri in direzione ovest da Lione. Qui Il PINOT NOIR accetta di buon grado il ruolo di spalla a Sauvignon & Co. anche perché sa che non troppo distanti splendono i PINOT NOIR di Borgogna e Champagne.
DULCIS IN FUNDO il rosso più rappresentativo, il degno contraltare allo Chenin: il CABERNET FRANC, localmente detto anche Breton. Chi ha avuto la fortuna di bere qualche vecchia annata di CLOS ROUGEARD può avere l'ottica tarata per traguardare la sua luminosità all’interno della costellazione enologica. SAUMUR, SAUMUR-CHAMPIGNY, CHINON, ANJOU e TOURAINE offrono dei BRETON in purezza diversamente luminosi. Proprio due villaggi (a cui corrispondono altrettante Aoc) della Touraine hanno colonizzato da qualche anno almeno un ventricolo del mio cuore: BOURGUEIL e SAINT NICOLAS DE BOURGUEIL.
In principio fu un Bourgueil "NUIT D'IVRESSE" dei coniugi Breton, tracannato in un aperitivo a Bruxelles, a preludere contemporaneamente alla notte d'ebrezza e alla mia cotta per quel tipo di vini decisamente franc(hi). Certamente la malia fu amplificata dalla vinificazione “naturale” e dalla "VENDANGE ENTIERES" tanto in voga in loco. Una pratica, quest’ultima, che se da un lato apporta una vivace leggiadria, dall’altra rischia di limitare una riconducibilità territoriale.
Comunque sia in seguito fu un BOURGUEIL del domaine de la Lande 96 a dimostrarmi in souplesse come quella leggerezza potesse attraversare il tempo senza sfumare, anzi focalizzando con maggiore definizione il frutto in un flusso di sapore sottile e teso.
Che bello, pensai, un vino che mantiene un approccio scanzonato, autoironico ed iconoclasta anche nella terza età!
Il terzo indizio fu la prova: LE VIN D'UNE OREILLE 2010 di SEBASTIEN DAVID, vigneron allineato alla filosofia biodinamica a Saint Nicolas de Bourgueil. Trazione integrale dritto verso il cielo: essenza di bacche rosse e se possibile un livello di grazie ancora più aerea, sia per la presenza di sabbie e silicio nella parcella di provenienza, sia per la tradizionale leggerezza di stile in voga a Saint Nicolas.
La simpatia verso questi vini si è fortificata anche grazie a tre caratteristiche secondarie:
- Stragrande maggioranza di produttori biodinamici, biologici o in conversione;
- Totalità di produttori piccoli o medio piccoli;
- Costo delle bottiglie al pubblico che raramente supera le due decine di euro.
Fermo qui di seguito alcune impressioni sui vini di Bourgueil e Saint Nicolas de Bourgueil estrapolate durante la mia recente partecipazione a tre avamposti agguerriti del bio:
GRENIER ST JEAN ad ANGERS del circuito REINASSANCE DES APPELLATIONS, LA LEVEE DE LA LOIRE ad ANGERS, e LA DIVE BOUTEILLE a Saumur. Le prime note soBOURGUEIL E SAINT NICOLAS DE BOURGUEIL: