VALTELLINA: I VINI DELLA ROCCIA E DEL SOLE
di VITALIANO MARCHI - 01 marzo 2018
Terrazzamenti costruiti nell’arco dei secoli, strappando piccoli fazzoletti di terra alla montagna anche in punti quasi verticali. Gli appezzamenti sono circondati e collegati tra loro da 2550 chilometri di muretti a secco e scalette in pietra, prive di corrimano, chiamate Tzapel, attraverso le quali i vendemmiatori, dopo averle riposte in gerle, portano le uve a valle sulle spalle. Questo immenso lavoro dell’uomo ha portato ad un panorama mozzafiato, che merita di essere salvaguardato al di là di ogni genere di speculazione.
Stiamo parlando di uno dei paesaggi legati al mondo del vino più suggestivi del pianeta e di una coltivazione che sembra avere suggerito la nascita dell’aggettivo “eroica”.
La Valtellina è una valle che si estende in senso est-ovest nella provincia di Sondrio, al confine con la provincia di Como e la Svizzera.
È tagliata in due dal corso del fiume Adda, che determina la nascita di due versanti completamente diversi per clima e per vocazione agricola: il versante Orobico rivolto a nord, costantemente investito da correnti fredde di origine alpina anche in estate, e il versante Retico volto verso sud, che si avvale di un microclima che permette di coltivare e portare a maturazione la chiavennasca, il biotipo locale del nebbiolo che dimora in questa valle.
Si tratta di una piccola area viticola di montagna che ci regala vini di grande interesse. A creare le giuste condizioni sono diversi fattori: l’esposizione favorevole, al riparo dalle correnti fredde; le precipitazioni poco frequenti, ma regolarmente distribuite nel corso dell’anno; i venti provenienti dalle Alpi Retiche a nord e dalle Alpi Orobiche a sud; la Breva, una brezza tiepida che spira dal lago di Como per tutta la primavera e l’estate, che favorisce l’impollinazione ed asciuga i terreni e le piante in caso di pioggia.
La matrice geologica di questo territorio è data dallo Gneiss, una pietra originata dal compattamento di porfido e diorite, ricoperta da un sottile strato di humus e sabbie ricche di ossido di ferro e ossido di alluminio spesso circa 80 centimetri.
Le radici della vite, una volta superata la parte di terreno fertile, devono scatenare una guerra feroce con la roccia per poterla superare alla ricerca dell’umidità presente in profondità. Avendo viti con apparati radicali così profondi, normalmente non si procede ad espianti e reimpianti dei vigneti, ma si tende a conservarli il più a lungo possibile, magari praticando dei sovrainnesti dove sia necessario.
La varietà più coltivata è come già detto il nebbiolo nella sua varietà chiavennasca, sono comunque presenti altre varietà autoctone della zona, che meritano di essere citate.
Procedendo con ordine abbiamo:
NEBBIOLO - CHIAVENNASCA
È il nome locale del Nebbiolo, ma da qualche anno anche il frutto di una selezione clonale ben precisa.
Sono stati ricavati tre cloni: NC12, NC21 e NC34.
I loro elementi comuni sono dati dalla media vigoria, da un’ottima fertilità basale con germogliamento e fioritura anticipati.
Il grappolo è medio-piccolo, con buccia nero-violacea molto pruinosa; tollera bene la peronospora, meno bene oidio e botrite.
Dei tre cloni il C12 ha più colore e “fa il grado” più facilmente; il C21 ha assai più tannino ma anche più aromi; il C34 conserva meglio l’acidità ed è anch’esso molto ricco di polifenoli, motivo per il quale viene consigliato in “miscela” con gli altri due.
ROSSOLA NERA
La Rossola è un vitigno autoctono della Valtellina, presente nel vigneto valtellinese nella misura del 5% circa.
Molto rustico e resistente al freddo, soffre invece la peronospora e l’oidio.
La sua caratteristica più importante è la tenuta dei valori di acidità nel tempo. Ne esiste ad oggi un solo clone, ovviamente sviluppato in zona. Ha grappolo medio-piccolo, acino sferoide rosso-violetto, che diventa blu-nero nella parte esposta al sole, fertilità elevata, buccia sottile mediamente pruinosa, poco dotata in polifenoli e pochissimo in antociani.
PIGNOLA VALTELLINESE
Vitigno autoctono di Valtellina ad elevata fertilità e gagliarda vigoria produttiva; le sue uve a maturazione presentano elevata gradazione zuccherina ed intensa sapidità.
Molto sensibile all’oidio, sensibile alla botrite, resistente alla peronospora.
Ha grappolo piccolo e leggero (160 grammi contro i 210 della Rossola), acino medio-piccolo, cilindrico, alato, serrato. Se vinificato in purezza, la Pignola Valtellinese dà un vino dal bel colore rubino vivo, poco tannico, molto sapido, di una certa finezza. Si presta ad essere vinificato in bianco rivelando note aromatiche delicate e piacevoli.
BRUGNOLA DI VALTELLINA
Antico autoctono valtellinese con ampio grappolo conico e senza ali con acino ellittico che richiama colore e forma di una piccola prugna, da cui il nome.
Il vino che se ne ricava è molto alto nei valori di acidità e molto colorato, ma non ha struttura tannica e assai raramente arriva a 12 gradi di alcol potenziale. Si tratta di una varietà a doppio uso (da vino e da tavola), le cui analisi sul DNA hanno confermato l’identità genetica con la Fortana, di cui è un biotipo locale.
È presente in molti vecchi impianti promiscui, soprattutto nella sottozona Grumello e quasi esclusivamente oltre i 500 metri di altitudine, al riparo dai ristagni di umidità che, a causa della sua buccia sottile come una pellicola, porterebbe rapidamente a marciume.
I vini DOCG prodotti in Valtellina, pur mantenendo la medesima base ampelografica, si dividono in:
- Sforzato della Valtellina DOCG, ottenuto attraverso un parziale appassimento delle uve.
- Valtellina Superiore DOCG.
- Valtellina Superiore DOCG con indicazione di una delle 5 sottozone di riferimento.
Nel settembre 2017, nell’ambito dei “Tre giorni del Sangiovese” è stata proposta un’interessantissima degustazione sui vini della Valtellina guidata da Armando Castagno. In particolare è stata preso in esame il Valtellina Superiore DOCG nelle sue sottozone.
Maroggia
Prende il nome dal torrente che la attarversa. È la sottozona di più recente riconoscimento (2002) e la più piccola delle cinque, con i suoi 25 ha di vigneto circa e due proprietari, di cui una è la cantina sociale locale.
È localizzata nel comune di Berbenno ed è la sottozona più calda in assoluto, quella con il maggiore numero di ore di sole, e le maturazioni più precoci all’interno delle sottozone del Valtellina Superiore.
I vini sono poco aggressivi, tendono a giocare su toni più eleganti che potenti, con profumi complessi e di bella ampiezza.
Sassella
Si tratta di una vera e propria rupe. Probabilmente si tratta della sottozona più celebre, estesa tra il comune di Castione Andevenno e il capoluogo Sondrio, per circa 144 ettari di cui 130 vitati. Ben soleggiata ma decisamente impervia, la Sassella presenta pendenze accentuatissime.
Zona di nebbiolo classici, equilibrati, minerali, sottili e di longevità eccezionale.
La proprietà è frazionata in una miriade di piccoli produttori, pochissimi dei quali imbottigliano in proprio mentre gli altri conferiscono alle molte cantine cooperative del circondario.
Grumello
Altra sottozona di elevatissima qualità, ubicata appena a Nord Est della città di Sondrio, divisa fra il comune del capoluogo e quello di Montagna In Valtellina.
Ha una estensione vitata di 78 ettari circa, e prende nome dalle rovine del Castello di Grumello che la sovrasta.
Il Grumello è il luogo ideale per nebbiolo morbidi, delicati e floreali con note balsamiche di eucalipto, di mentuccia e di spezie dolci e liquirizia. Questa sottozona è importante anche per il mantenimento delle varietà storiche della Valtellina, come la Pignola, la Rossola e la ormai rara Brugnola.
Inferno
Si tratta di uno sperone di piccoli terrazzamenti vitati ad altitudini variabili tra i 300 e i 450 metri slm. Si tratta di una sottozona calda e rocciosa, praticamente senza humus superficiale: i terrazzi sono stati ricavati nei secoli su anfratti di pietra nuda, attraverso un labirinto di scale, è suddivisa fra i tre comuni di Montagna In Valtellina, Poggiridenti e Tresivio.
L’estensione vitata è di circa 55 ettari su 68 potenziali. Il sole che batte a picco da sud e il forte riflesso che ne deriva sulla pietra, crea una situazione di grande difficoltà da stress idrico alle vigne in estate.
I vini sono generalmente caldi, profumati, speziati, minerali e di grande longevità.
Valgella
Dal latino “Valliculae”, cioè piccole valli, sono quelle create dai torrentelli che scendono dalle Alpi per arrivare sin qui prima di gettarsi nell’Adda. La sottozona si estende tra i comuni di Chiuro e Teglio ed è la più vasta tra le cinque. Si tratta di un ampio promontorio di roccia esposto a pieno Sud su cui si arrampicano quasi 140 ettari di vigneti a terrazze. Vino di grande tradizione ma poco conosciuto in Italia in quanto storicamente destinato all’esportazione verso la Svizzera.
Il disciplinare di produzione distingue il Valtellina Superiore (che non deve raggiungere un grado alcolico minimo, ma che si trova in posizione superiore come giacitura delle vigne) e il Valtellina Superiore Riserva.
Le uve utilizzate devono essere per almeno il 90% nebbiolo.
Vengono anche identificati i vigneti, che devono essere su “terreni declivi e di natura rocciosa”, con densità d’impianto di 4.000 ceppi per ettaro, fermo restando quelli già impiantati.
La resa massima deve essere 80 quintali per ettaro (tenendo presente che qui le rese normali sono circa la metà).
L’affinamento deve essere di almeno 24 mesi di cui almeno 12 in botte di legno, se l’invecchiamento supera i 36 mesi, i vini possono riportare la dicitura Riserva in etichetta.
I vini ottenuti da uve provenienti da due o più delle cinque sottozone possono riportare la sola dizione Valtellina Superiore.
Infine una curiosità legata alla commercializzazione con la vicina Svizzera: i vini possono riportare la dizione Stagafässli se imbottigliati e commercializzati in Svizzera, cosa che esclude l’indicazione della sottozona e del termine riserva.
La degustazione dei vini proposti è stata per tanti partecipanti un’autentica sorpresa: prodotti sempre molto gradevoli, a volte più leggeri ed a volte con strutture importanti, ma sempre caratterizzati da una grande bevibilità e sapore, ideali soprattutto come compagni della tavola, idealmente accompagnati ad una cucina di territorio, ma sicuramente piacevoli anche con ricette di altra provenienza, oppure, perchè no, da sorseggiare lontano dai pasti.
A seguire le note di degustazione.