L’ESTATE SAPIENS… DA ANIMALI A DĖI, NON NECESSARIAMENTE IN QUESTO ORDINE

L’ESTATE SAPIENS… DA ANIMALI A DĖI, NON NECESSARIAMENTE IN QUESTO ORDINE
Non ci prepariamo all’autunno,
facciamo finta che resti l’estate, che tutto quello che accade sia una prova generale dell’evoluzione cognitiva o un ritorno ai bonobo, a una modalità scimpanzé, da studio scientifico.
 
Mi sono lanciata nell’intento di scrivere alcuni suggerimenti di letture tematiche sul vino e storia, parlando del vino come simbolo nella storia, un po’ anche per trovare una giustificazione a queste degustazioni senza soluzione di continuità.
 
Sono partita baldanzosa, volendo cogliere il momento presente per renderlo eterno. Sono stata colta dal fascino della natura dell’essere umano e dal carpe diem un po’ pecoreccio del convivio romano e poi sono caduta - con fascinazione - sulla nascita del pensiero di futuro legato alla rivoluzione agricola.
Nulla di pesante, letture amene da spiaggia ma con un buon piglio.
Ti porto solo due esempi prima di berci sù.
 
Il primo libro è un focus sul vino come simbolo, cultura e storia nei tempi antichi:
Gli eroi bevono vino: Il mondo antico in un bicchiere
di Laura Pepe, edito da Laterza.
 
In questo viaggio nel tempo, nella ritualità del vino e del legame con il mondo eroico e onirico, capisci come sia nei nostri geni considerare il vino, a un tempo, un elemento sacro e quotidiano.  Dall’idea di simposio greco all’idea di convivio romano.  Sembra facile a dirlo, ma tutto questo non sarebbe accaduto se l’impero romano non avesse avuto un contatto diretto con la cultura greca. Roma da città-stato a impero è il segno di come il contaminarsi di conoscenza e pratiche di manifestazioni abbiano preso vita. È Cicerone a dire che il popolo romano è stato in grado d’innovare il modello del Simposio, portando il banchetto e il triclinio ad essere una celebrazione del vivere comune.  Infatti la parola convivio nasce da cum-vivere ‘vivere insieme’. (Fonte: Cicerone Lettere ai familiari)
 
Il secondo libro che ognuno dovrebbe leggere non è specifico sul vino bensì sulla rivoluzione cognitiva, un capolavoro dell’antropologia:
Sapiens. Da animali a dèi. Breve storia dell'umanità
di Yuval Noah Harari
 
Questo saggio è veramente una fotografia dell’Homo sapiens con tuffi storici, storie curiose fondanti per la nostra società. Ci sono risposte al vivere nel nostro tempo attuale, non si parla di vino nello specifico, ma c’è una forte connessione alla rivoluzione del mondo agricolo. La stanzialità è da considerarsi la grande rivoluzione epocale, quella che ha trasformato “l’uomo cacciatore-raccoglitore” un uomo sedentario.
E la domanda legata alla rivoluzione è proprio questa:
Quando è nata l’idea di futuro?  
Quando è nata la rivoluzione agricola, 12 mila anni fa.
Quando i cacciatori-raccoglitori hanno deciso di fermarsi e di attendere il raccolto e hanno cambiato le proprie abitudini, di generazione in generazione.
C’è quest’analisi bellissima che HARARI fa in merito a come la nostra società oggi abbia la stessa forma mentis rispetto al modo di vivere.
 
La rivoluzione agricola è nel pensiero che sia la natura a dettare i tempi dell’uomo, nell’attesa della raccolta, nella gestione del luogo, della propria vita e della propria casa in base a questo seme, di futuro e frumento insieme.
Così come la vendemmia è la sintesi di anni di lavoro e dell’anno in corso. Così come un vino rappresenta in sé una fiducia in ciò che verrà e che è degno di essere atteso.
 
Quello che segue è una parte fondante del capitolo sulla Rivoluzione agricola di cui Harari parla.
 
“ Non fummo noi a domesticare il frumento, fu lui che domesticò noi. Il termine domesticare viene dal latino domus, casa. E chi vive nella casa? Non il frumento ma il Sapiens. Ma in che modo il frumento convinse homo Sapiens a cambiare un tipo di vita piuttosto buono con un’esistenza più miserabile? Che cosa gli offrii in cambio? Una dieta migliore no di certo. Gli umani va ricordato sono scimmie onnivore, a proprio agio con un’ampia varietà di cibi […]. Il frumento non offrì sicurezza economica alla gente.
Che cosa offrì dunque il frumento agli agricoltori?[…]. Non offrì nulla ai singoli individui ma assegnò qualcosa a homo Sapiens in quanto specie. La coltivazione di frumento permise di disporre di più cibo per unità di territorio e quindi consentirà a Homo Sapiens di moltiplicarsi in misura esponenziale […]. L’evoluzione non bada né alla fame né alla sofferenza, ma solo a quante eliche di DNA riesce a replicare.  Proprio come il successo economico di un’azienda viene misurato solo dalla quantità sul suo conto corrente e non dalla felicità dei suoi impiegati. Così il successo evoluzionistico di una specie si misura in termine di copie di DNA, una specie il cui DNA non rimangano più copie è dichiarata estinta, proprio come un’azienda senza più fondi finisce in banca rotta. Se invece può vantare molte repliche del suo DNA, ha successo e prospera. […]”