ROMAGNA. UN NUOVO RITRATTO

ROMAGNA. UN NUOVO RITRATTO
‘Mi ha sempre affascinato l’idea che le parole – cariche di significato e dunque forza – nascondano dentro di sé un potere diverso e superiore rispetto a quello di comunicare e trasmettere messaggi, raccontare storie. L’idea cioè che abbiano il potere di produrre trasformazioni, che possano essere letteralmente, lo strumento per cambiare il mondo.’
Gianrico Carofiglio
 
 
La narrazione di un territorio - ma potremo dire in generale la narrazione - rivela il rapporto esistente con l’oggetto raccontato. Per quanto sia obiettivo il punto di vista o si cerchi di mettere a fuoco il paesaggio che si vuole ritrarre, l’autore finisce sempre per lasciare una traccia nella fotografia che sta scattando. Anche la sola inquadratura racconta chi è il fotografo, chi è il narratore.
 
Non solo.
Chi sceglie la foto, a sua volta, finisce magicamente in quel paesaggio, perché si sente attratto, corrisposto in quello che vede, nell’esperienza che fa. Questo perché in quella narrazione trova anche la risposta a una propria domanda.
 
Ci sono narrazioni che funzionano e altre no. Se la narrazione di una terra è autentica e coerente racconta il perché di chi la vive, i sogni e i progetti che la rendono speciale, sprigiona visioni ed esperienze che la rendono unica agli occhi di chi la guarda e di chi la scopre. E soprattutto genera valore, valore aggiunto.
 
Ci sono territori che hanno insita questa vocazione, perché nel tempo per fattori culturali, storici, economici e di terroir hanno creato una brand-land equity di grande successo.
 
Con Brand-land equity si definisce l’asset che tiene conto della notorietà di un territorio, della tipicità dei prodotti, della coerenza d’immagine percepita e del valore aggiunto che questo processo genera.
 
E a voi produttori, cosa interessa tutto questo?
Vi interessa molto, perché è in base ad una narrazione corale, d’orchestra che la vostra narrazione può divenire più forte e efficace. E, concretamente, la brand-land equity dice quanto appassionati e consumatori di vino siano disposti a pagare per fare questo tipo di esperienza, per comprare i vini del vostro (e nostro) territorio.
 
Per questo, con una sferzata di retorica che neanche mia nonna quando sgranava il rosario, mi chiedo:
 
Quali sono almeno 2 aggettivi che voi, produttori romagnoli, credete di poter condividere e avere in comune con gli altri produttori del territorio?
 
Perché la volontà di una narrazione d’orchestra parte da un comune denominatore, da un ponte invisibile fatto di valori e sogni che uniscono un obiettivo comune, più territori, ogni storia e ogni uomo.  Provate a pensarci.  

Immagine di copertina di Ofelia Bartolucci © Paolo Roversi.